Ha offerto una mediazione, ma è un’offerta alla Renzi: l’ex segretario – che allo statoparlerà per primo – avrebbe invitato alla conferma del reggente (e non dunque l’elezione di un segretario) e il rinvio senza data del congresso. Sottinteso: le primarie si faranno quando i renziani avranno un candidato da lanciare contro Nicola Zingaretti (sempreché il presidente del Lazio corra davvero). Ma stavolta il fronte antirenziano ha detto no. E stamattina l’assemblea nazionale del Pd, convocata per le 10 all’Hotel Ergife, potrebbe aprirsi al buio e chiudersi nella conta tante volte evocata e poi sventata: potrebbe finire al fotofinish. Ma i pontieri nella notte trattano: «Rompersi sul nulla è da matti», insistono gli ambasciatori renziani.

IN REALTÀ IL REGGENTE , su cui i renziani ora vogliono rovesciare la responsabilità della rottura, era pronto ad accettare una proroga purché gli fosse concessa una forma di «legittimazione», un voto sulla sua relazione o un simil voto di fiducia. A impuntarsi sono gli altri. Andrea Orlando in questi giorni aveva mandato ampi segnali di voler eleggere un segretario ad ogni costo. E mail ai membri dell’assemblea invitando loro a dimettersi se intenzionati a non venire a Roma: per non far mancare il numero legale, che significherebbe andare da statuto subito a congresso, con la guida del non amatissimo presidente Pd Orfini. «Non si può continuare con un unanimismo di facciata, occorre dare un segnale inequivocabile di discontinuità politica e del gruppo dirigente», ha detto ieri il ministro alla sua corrente riunita a via dei Frentani (presenti Finocchiaro, Bettini, Cirinnà), «Se Renzi prova a nascondersi dietro un nuovo rinvio dell’elezione di un segretario e dell’indizione del congresso entro l’anno non ci sarà appello unitario che tenga, noi voteremo contro». In mattinata war room in successione: Martina vede i capicorrente schierati con lui (Franceschini, Fassino, Orlando, Cuperlo, Zanda), poi Orlando i suoi ( Martella, Damiano, Di Lello, Provenzano e Lo Giudice). Il verdetto è sempre lo stesso: «Nessuno capirebbe» l’ennesimo cedimento.

PIÙ POSSIBILISTA la posizione di Piero Fassino: «Un esito unitario è possibile se si compiono tre scelte», spiega: opposizione intransigente al governo giallo-verde; segnale di unità alla base; e infine «confermare Martina nell’incarico di ’reggente’, conferendogli un mandato politico forte». Ma il punto è un altro. E lo chiarisce Areadem, e cioè Franceschini. Alla fine della riunione con i suoi fa filtrare l’ultima proposta a Renzi: «L’assemblea voti almeno un ordine del giorno che conferisca il mandato a Martina di convocare il congresso entro l’anno. Se i renziani rifiuteranno anche questa mediazione, Areadem presenterà la candidatura di Martina a segretario, corredata delle firme necessarie, e si voterà».

I RENZIANI OSTENTANO tranquillità: «Noi? Vogliamo il congresso prima possibile. E se non si fa un accordo chiederemo votazione sul congresso». Ma la verità è che Renzi non vuole legarsi le mani: vuole poter decidere quando avrà le idee chiare. Dall’altra parte Orlando insiste su un voto su Martina per imbullonare Franceschini e Martina stesso al futuro candidato Zingaretti: i due potrebbero avere la tentazione ditornare all’ovile, e tornare dal renziano Delrio, una volta che Renzi lo avrà convinto a correre.