«Spero di vedere film che siano diversi, insoliti, mi auspico di trovarci rabbia e entusiasmo. E spero di avere accese discussioni con gli altri giurati». Sono queste le aspettative di Paul Verhoeven, presidente della giuria della sessantasettesima edizione della Berlinale.

A chi gli fa notare che quello di quest’anno è un Festival molto «politico», Verhoeven risponde che intende solo vedere film, senza pregiudizi e senza andare in cerca di messaggi impegnati. All’indomani della disfatta americana e degli ordini esecutivi di Trump la politica, l’impegno, «la condizione in cui si trova il mondo» con le parole di un’altra giurata – la produttrice tunisina Dora Bouchoucha Fourati – entrano poco nei discorsi della giuria e nelle domande a essa rivolte. Anche se Maggie Gyllenhaal, unica americana fra i giurati di quest’anno, ci tiene a dire di essere contenta di poter partecipare, in quanto statunitense, a un festival internazionale con ospiti provenienti da tutto il mondo: «Voglio che la gente sappia che ci sono tante persone nel mio paese pronte a resistere».

Paul Verhoeven, ormai lontano dagli Stati uniti da tempo, parla invece della sua impressione del cinema hollywoodiano di oggi rispetto al passato: «Non ci sono più i film da adulti, vietati ai minori, si producono solo lavori per tutta la famiglia perché in questo modo chiunque può vederli e gli incassi sono maggiori». Rispetto agli anni Ottanta del suo Robocop – ma anche ai tempi di Starship Troopers -: «Non importa più che i film siano interessanti, che abbiano qualcosa di serio, ma solo quanti soldi riescono a fare. Oggi anche un film come Fronte del porto sarebbe vietato ai minori».

Il regista olandese, che con il suo Elle ha appena vinto un Golden Globe, racconta infatti che il progetto del suo ultimo lavoro era stato rifiutato a Hollywood: «Elle è tratto da un romanzo francese per cui avevamo assunto uno sceneggiatore americano per la traduzione, ma poi le attrici che abbiamo cercato di coinvolgere hanno tutte declinato il ruolo, e nessuno Studio si è mostrato interessato a investire nel progetto. Così siamo tornati in Francia, abbiamo tradotto di nuovo la sceneggiatura in francese e come protagonista abbiamo scelto Isabelle Huppert, che sapevamo essere già interessata a fare il film». Negli Stati uniti, invece, ormai: «Tutto è incentrato sull’aspetto economico. È questo il vero pericolo che il cinema si trova ad affrontare».