È come se si fossero dati appuntamento. Paul Bocuse e Gualtiero Marchesi. Bocuse ci ha lasciato ieri, Marchesi qualche settimana fa. Entrambi sfioravano i novant’anni, Bocuse ne aveva 91 e Marchesi 87. Entrambi erano dei maestri e hanno cresciuto e influenzato generazioni di cuochi in ambito internazionale. Generazioni di giovani che adesso non lo sono più e che stanno crescendo a loro volta altre generazioni di cuochi. Sulla cucina si può dire veramente di tutto, non che non sia un luogo dove anche il peggiore non abbia trovato il modo di condividere il proprio sapere. Sarà forse per questo che in un periodo di crisi in tanti ruoli, quelli che ruotano intorno all’enogastronomia non temono invece arresti di genere.

Marchesi era la sua Milano. Sfavillante, rampante, senza paura. Bocuse era Lione, città elegante, grande il giusto per espandersi e creare ma anche piccola per non perdersi in acque sconosciute. È qui che, con Bocuse, il tema della territorialità ha assunto una dimensione culturale importante. La sua stella lucente iniziò a splendere negli anni ’70, nessuno chef prima di lui aveva mai ricevuto la Legion d’Onore. Giscard d’Estaing lo insignì e questo contribuì a crearne il mito e ad alimentare, semmai ce ne fosse bisogno, la grandeur francese nel mondo.

Non fece mai parte del movimento della Nouvelle Cuisine di Michel Guerard e Alain Chappelle che in quegli stessi anni partiva, proprio per questo forte legame con il suo territorio e un approccio classico quasi barocco al cibo. Ne parliamo con Gil Grigliatti, fine esperto di enogastronomia e figlio di uno dei più grandi gourmet viventi, Giorgio Grigliatti amico, anche, di Bocuse con cui ha condiviso più tavole in più luoghi. Gil, che è italo-francese, cura il blog Isymposium.org e su Facebook cercate la sua pagina Il Mio Viaggio in Francia per girare l’Oltralpe alla grande in senso enogastronomico.

«La lionesità di Bocuse spiega molte cose che lo riguardano. Da ragazzo – sottolinea Grigliatti – mi trovavo con i miei a Lione e una sera, mentre stavamo andando a cena in un grande ristorante, il taxista raccontava a mio padre che, almeno una volta l’anno fosse pure cascato il mondo, portava la moglie a cena da Bocuse. Questo era l’atteggiamento dell’uomo medio francese a metà degli anni ’80. L’alta gastronomia era una faccenda molto, molto seria e Bocuse in particolare». Lione, insieme alla Borgogna e al Beaujolais, è terra di grandi prodotti: vini, pollame, ortaggi, pesci di fiume, il bue…non è un caso che molti stellati francesi si trovino su questo asse nord-sud della Francia. Bocuse studiò a La Mère Brazier e non scisse mai la sua genialità dalle radici su cui poggiava i piedi.

Uno dei suoi piatti più famosi sono le Oeufs en Meurette, un semplice piatto contadino, trattasi di uova poché cotte nel vino e adagiate su fette di pane tostato, tipico anche della Borgogna e del Beaujolais: «la cosa bella del vivere in questi tempi – prosegue Grigliatti- è che se pur molti, soprattutto giovani, non abbiano mai avuto la possibilità di cenare da lui e tanto meno di conoscerlo, il suo staff ha raccolto e reso disponibile in rete molte cose che lo riguardano. I video in cui cucina le sue Oefs en Meurette o anche l’uovo al paletto, che Bocuse considerava incredibilmente importante, possono essere visti anche su Facebook. Bocuse era un fanatico delle uova. Sosteneva che nessun alimento andava cucinato partendo da freddo e in particola modo le uova. Era una cosa fondamentale».

Bocuse diventò molto presto, e con un anticipo di trent’anni almeno sulle patatine di Cracco e sul gorgonzola di Cannavacciuolo, un personaggio globale, capace di sgangiarsi quasi subito da una ricca nicchia golosa e arrivare a tutti. Negli ultimi anni, in particolare, firmò qualunque cosa: piatti già pronti, surgelati o solo da scaldare, linee di posate più o meno economiche, addirittura all’Esselunga si poteva trovare un vino molto cheap, un Gamay Nouveau intorno ai 5 euro, firmato da lui. «In Francia – chiosa Grigliatti – è abbastanza comune che gli chef famosi si leghino a delle linee. Ducasse lo fa sicuramente e anche Robuchon firma tanti plat cuisiné». Bocuse ebbe l’intuizione e la capacità prima di altri, forse di tutti, di strutturarsi come cuoco-imprenditore. Gli venne benissimo.