Matteo Renzi è arrivato ieri a Napoli per firmare il Patto da 308 milioni. Nella piazza accanto alla prefettura si sono riuniti gli attivisti e i comitati contrari alla riforma costituzionale, con gli striscioni «Il pacco per il Sud» e «Napoli dice No». In presidio anche sigle di disoccupati e comitati di Bagnoli. Nessuno è stato manganellato per non guastare l’atmosfera positiva che serve tanto al premier in vista del referendum. Ad aprire la cerimonia della firma è stato il sottosegretario Claudio De Vincenti, che ha ricordato come la genesi dei Patti stia nel Masterplan per il Mezzogiorno. Nel documento del governo erano citati i lavoratori Whirlpool, reduci da un difficile passaggio di proprietà. Ieri mattina erano a Napoli per ricordare che, dopo un anno, in 480 ancora non sono tornati al lavoro.

In prefettura l’atmosfera è talmente cordiale che, al momento della stretta di mano con il sindaco, Renzi scherza: «Sembriamo Rabin e Arafat». Mara Carfagna non perde l’occasione per twittare: «Piuttosto sembrano Gianni e Pinotto». Ma la verità è che entrambi i contendenti portano a casa una vittoria: «Abbiamo tenuto separata la dialettica politica, il dissenso, da un corretto ed efficace rapporto istituzionale. Il governo non ha interferito nelle nostre scelte e noi abbiamo dato la disponibilità a rivedere le decisioni» dichiara de Magistris ai sindaci dell’area metropolitana, presenti in sala. Con i 308 milioni verrà finanziata la riqualificazione di Scampia, si investirà sul trasporto pubblico, la metro, l’edilizia scolastica pubblica e privata. Interventi anche su Napoli est, l’Albergo dei Poveri, le scale storiche della città e la stazione-museo di piazza Nicola Amore. Per avere un’idea delle differenze tra nord e sud, il Patto per Milano impegna 2miliardi e mezzo in 4 anni.

«Non c’è alcun avvicinamento politico tra me e il presidente Renzi – sottolinea il sindaco – ma c’è un forte dialogo istituzionale. In pochi mesi si posso chiudere tutti i tavoli aperti». Il riferimento è alla riqualificazione di Bagnoli, ancora in mano al commissario di governo. «Ci sono soldi e notizie. Le chiacchiere stanno a zero – dice il premier -. Con il sindaco abbiamo idee politiche divergenti, ma Napoli è più grande di qualsiasi divisione. Noi rispettiamo sempre la sfera istituzionale». Per attirare voti al referendum, via libera agli spot. Ai sindaci ribadisce: progettate per l’edilizia scolastica e impianti sportivi che poi ci pensa il governo. Per i disoccupati c’è la promessa di rifinanziare gli sgravi fiscali del Jobs Act al 100% per chi assume nel Mezzogiorno. «Alla fine, la discussione è stata utile – spiega -, era partita male un anno fa. Abbiamo scelto di riportarla a terra». Per ora nel Sud i sondaggi danno avanti il No, ma il premier non demorde.

Neppure il tempo di far asciugare l’inchiostro sulla firma e Renzi è in viaggio verso la redazione de Il Mattino per un forum. Del Pd locale, uscito malissimo dalle amministrative, non parla ma discute volentieri di tutto il resto. La lettera della Ue sulla manovra economica non è un problema: «Punti dolenti non ce ne sono» spiega per poi rilanciare l’abolizione della«vampiresca» Equitalia. Sul referendum mostra i muscoli («un vero leader non commenta i dati ma li cambia») e poi passa all’attacco dei 5S: «I napoletani sanno riconoscere la ’mossa’: è quello che ha fatto il M5S. Per tre anni hanno raccontato di prendere tremila euro al mese. Poi scopri che prendono diecimila netti». E poi il cavallo di battaglia: «Se qualcuno rimpiange il passato c’è una bellissima squadra per il No guidata da ex presidenti del consiglio come D’Alema, De Mita, Monti, Berlusconi, Dini. Se qualcuno vuole quel mondo lì voti No».

Finito in redazione è di nuovo in viaggio, destinazione Avellino, tappa del tour per la conquista degli elettori riottosi. Il Teatro Gesualdo, duemila posti, è strapieno. Renzi mette in scena un one man show: attacca la sindaca Raggi, rilancia la proposta di pagare i parlamentari in base alla presenza, il pubblico domanda e lui risponde. C’è chi si alza e grida «mi hai convinto!»: ha visto la luce. In Irpinia il capo carismatico è Ciriaco De Mita, ultraottantenne sindaco di Nusco. Per ora è per il No (a causa dell’Italicum). Fino al 2015 era sulla sponda opposta al Pd: Vincenzo De Luca l’aveva definito «Il problema politico della Campania» mentre Ciriaco disapprovava la «deriva autoritaria» di Renzi. Poi si è alleato con De Luca, contribuendo alla sua elezione a governatore. In capo a un anno De Mita ha ripreso le distanze da Renzi ma potrebbe invertire la rotta. Domani sarà in studio da Enrico Mentana a dibattere proprio contro il premier. E chissà se con qualche promessa sulla legge elettorale Renzi riuscirà a fargli cambiare di nuovo idea.