Quattro ore senza poterlo visitare, chiuso per «assemblea sindacale»: l’anfiteatro Flavio, uno dei monumenti più celebri al mondo, si è presentato così ai numerosi turisti in fila, ieri mattina. A mezzogiorno, sotto un sole rovente, è stato riaperto al pubblico, ma le motivazioni della protesta restano tutte in piedi, «domande aperte». Sono stati i lavoratori della Sovrintendenza speciale ai beni culturali di Roma a decidere di entrare in sciopero e riunirsi in assemblea: l’allarme riguarda le loro condizioni di impiego e la crisi del settore che continua a perdere, in una emorragia inarrestabile, «pezzi», competenze, valore. Le porte sbarrate per qualche ora potrebbero tramutarsi in un incubo permanente.
«I lavoratori del ministero per i beni e le attività culturali di Roma si scusano con cittadini, turisti e operatori dell’indotto per il disagio arrecato dalla chiusura del Colosseo, ma la protesta, oltre al rispetto e alla tutela dei nostri diritti, ha come obiettivo quello di evitare che per il resto dell’anno troviate chiusi i nostri musei e le nostre aree archeologiche la domenica e nei giorni festivi», si legge nel volantino preparato dai sindacati. «I luoghi della cultura in Italia sono aperti più che in qualunque altro paese europeo, undici ore al giorno, sei o sette giorni alla settimana. I lavoratori che rendono possibile tutto ciò sono allo stremo a causa della grave carenza di personale e perché da oltre nove mesi non percepiscono circa il 20% del salario, in una condizione di crisi economica già aggravata dal blocco del contratto del pubblico impiego, che ha causato una perdita di circa seimila euro per i lavoratori pubblici».
L’appello ha un destinatario immediato ed è il ministro Massimo Bray: a lui, infatti, si chiede un segnale, «un intervento urgente». Che consisterebbe, in primo luogo,in una «seria politica occupazionale, così da interrompere il costume del lavoro mascherato, quello che utilizza ’finti’ volontari, consulenti e stagisti», come spiega Fiorella Puglia, sindacalista della Funzione pubblica Cgil di Roma e Lazio. «La media dei lavoratori dei beni culturali è di 54 anni, moltissimi con profili tecnici e alte professionalità vanno in pensione e non hanno possibilità di trasmettere le proprie competenze a causa del blocco del turnover. A causa della spending review non è possibile, ad oggi, assumere nuovo personale».
Sul tavolo, sono due le questioni che scottano: organico carente e risorse. Il segretario Uilpa beni culturali del Lazio, Franco Taschini, annuncia il dissotterramento dell’ascia di guerra: «È da dieci giorni che chiediamo un incontro con il ministro, che però forse non si rende conto del rischio sicurezza. Se non ci riceverà dandoci delle risposte concrete, la mobilitazione continuerà: lunedì 24 chiuderemo archivi e biblioteche di tutta Italia e venerdì 28, sarà la volta di musei, gallerie e aree archeologiche. La mobilitazione è nazionale».