È stata rinnovata per altri 45 giorni la detenzione di Patrick Zaki, lo studente dell’Università di Bologna arrestato a febbraio in Egitto e incriminato con le accuse di diffusione di notizie false e incitamento alla protesta.

A decidere per l’ennesima volta la proroga è stato il tribunale antiterrorismo del Cairo in un’udienza che in meno di sette ore ha esaminato i casi di 700 persone implicate nelle inchieste più disparate, come denuncia l’Iniziativa egiziana per i diritti della persona (Eipr), l’ong con la quale ha collaborato Patrick.

CONTRO I PRIGIONIERI politici l’estensione arbitraria della custodia cautelare è diventata ormai una prassi consolidata da parte delle procure. L’udienza del 29enne ricercatore in Studi di genere era stata inaspettatamente anticipata di alcune settimane e questo aveva creato speranze rispetto a una sua imminente liberazione.

A suscitare ottimismo era stato anche il rilascio, pochi giorni fa, di tre massimi dirigenti della stessa Eipr, arrestati due settimane prima con pesanti accuse legate al «terrorismo».

Gli arresti avevano scatenato un forte clamore internazionale: colpire tre attivisti di così alto profilo, che avevano appena avuto un incontro ufficiale con delegazioni di 13 paesi occidentali, era subito apparso come una mossa azzardata persino per il regime di al-Sisi.

La notizia della scarcerazione è stata accolta da alcuni come una vittoria delle pressioni internazionali. Tuttavia non è chiaro ancora se le accuse contro i dirigenti dell’Eipr rimarranno in piedi o verranno archiviate, mentre resta il sequestro di tutti i beni personali dei tre attivisti dell’ong.

UN ALTRO EPISODIO che negli ultimi giorni aveva fatto sperare in una minima ma graduale svolta del regime militare del Cairo era stata la chiusura del cosiddetto «caso 173», processo avviato nel dicembre 2011, in piena rivoluzione, contro numerose ong straniere ed egiziane.

Giorni fa un giudice ha annunciato la revoca del provvedimento di sequestro dei beni e dei divieti di viaggio per i membri delle organizzazioni coinvolte, lasciando cadere tutte le accuse.

Ma Ahmed Mefreh, avvocato per i diritti umani egiziano, direttore del Comitato per la giustizia (Cfj), gruppo indipendente per i diritti umani con sede a Ginevra, precisa al manifesto: «È una farsa. I gruppi scagionati sono per lo più vicini al regime o comunque non attivi sul fronte dei diritti umani».

ANCHE LA PRESIDENZA francese, che proprio in queste ore ospita al-Sisi per una visita di tre giorni, ha espresso apprezzamento per la liberazione dei tre prigionieri dell’Eipr definendolo un «segnale positivo».

Ma resta il dubbio se la misura possa essere considerata un segnale di capitolazione del regime di fronte alle forti pressioni internazionali o non sia un contentino a uso e consumo delle pubbliche relazioni estere del Faraone e soprattutto del suo ospite Macron, che così potrà ribadire l’importanza dei diritti umani mentre rinsalda i legami politici e firma nuovi contratti per le sue aziende.

«I DETENUTI DELL’EIPR sono stati scarcerati per la visita di Sisi a Parigi, e nient’altro – spiega Mefreh – Questo significa che gli altri non sono importanti né per il regime egiziano né per quello francese, che sostanzialmente non ha interesse per il caso di Patrick e neppure per quello di Regeni. L’Egitto è riuscito a usare la questione degli investimenti, dei rifugiati, del terrorismo e del conflitto in Libia per impedire qualsiasi tentativo estero di migliorare la situazione dei diritti umani. In assenza di pressioni da parte dell’Ue e della Casa bianca, il regime ha ottenuto il via libera per proseguire con la repressione».

«Il regime egiziano usa i detenuti politici come merce di scambio nei rapporti con le sue controparti internazionali, regali simbolici per facilitare le cose – sostiene Mefreh – Le concessioni che l’Egitto fa ai suoi partner internazionali servono a far chiudere un occhio sulle altre violazioni, e a ridurre il livello di pressioni per concentrare tutta l’attenzione sul rilascio di pochi difensori dei diritti umani incarcerati».

E sulla posizione italiana aggiunge: «Gli accordi sulle armi e sul gas siglati negli ultimi anni non hanno dato all’Italia nessuna influenza per fare pressione sull’Egitto. Anzi il governo italiano è diventato un sostenitore dell’Egitto, che è riuscito a comprarlo e portarlo dalla sua parte, al servizio della sua agenda politica nei confronti dell’Europa».