A una rottura sentimentale, tanto drastica quanto incomprensibile, fa seguito una sequenza temporale scandita dai titoli dei capitoli che coprono lo svolgersi di un anno: questo il tema e questa la struttura dell’ultimo romanzo con il quale lo scrittore argentino Patricio Pron risponde alla domanda su come scrivere, nel XXI secolo, una storia d’amore che contenga al suo interno anche una «storia dell’amore».

Domani avremo altri nomi (traduzione di Francesca Lazzarato, Sur, pp. 282, € 17,50) era stato preceduto da due titoli già tradotti, che affrontavano i nodi cruciali della complessa storia argentina, insieme al rapporto tra arte e politica, il tutto spostato in una ambientazione italiana successiva alla seconda guerra mondiale molto intrigante. Della sua versatilità, legata a una valida ricerca sulle forme della scrittura, Pron aveva dato prova anche in due notevoli raccolte di racconti. Qui, in Domani, il cammino è complesso e il tema saturo di insidie, ciò che ha richiesto allo scrittore argentino un coraggio notato dalla giuria del premio Alfaguara, che alla sua uscita, nel 2019, giustificò il riconoscimento segnalando la capacità di correlare storie individuali a un panorama sociale complesso, in cui i personaggi affrontano temi cruciali della contemporaneità da punti di vista montati in un’accurata costruzione narrativa.

Un abile gioco di flashback permette infatti di abbracciare i cinque anni della relazione tra i due protagonisti, aprendo al tempo stesso finestre sulla loro vita passata, mentre grazie a una serie di prolessi l’attenzione del lettore viene dirottata verso un finale di non facile decifrazione.

L’uso di tecniche narrative già consolidate nello scrittore argentino, che nell’ultima pagina retroflette il racconto verso il suo incipit, gli consente di consegnare questa storia dal fondo assai fragile a una solida costruzione strutturale: così, la lunghissima tradizione letteraria in cui è inscritto un tema come la separazione degli amanti precipita nello spazio mondano della nostra quotidianità.

In una Madrid che rimanda a una qualsiasi città cosmopolita del nuovo millennio, dove l’eterogeneità degli incontri possibili e delle potenzialità apparentemente a portata di mano nasconde rigide divisioni di classe, di genere, etniche, i luoghi privati, gli spazi chiusi in cui cercare rifugio, i caffè, le stanze d’albergo, e persino l’automobile – utilizzata come una sorta di capsula viaggiante – forniscono l’ambientazione privilegiata, sebbene connotata da impersonalità.

Senza nomi
Vi si muovono personaggi senza nome: la coppia è indicata con i pronomi personali segnati dalla maiuscola – Lui e Lei – mentre dei personaggi secondari si conosce solo l’iniziale del nome. Lui è uno scrittore di saggi, Lei l’architetta di uno studio prestigioso, la loro attività preferita sembra risolversi nel discutere a oltranza idee e situazioni tra le più incerte se non confuse del contesto in cui si trovano, ciò che conferisce ad alcune parti del romanzo un carattere quasi saggistico, in cui salgono alla superficie temi di stretta attualità che travalicano la «storia dell’amore» intorno alla quale sembrava che il romanzo si accontentasse di ruotare. A volte un po’ prolissi, i ragionamenti dei personaggi affrontano le rivendicazioni femministe, le nuove forme di comunicazione in rete, il rapporto tra sesso e erotismo nei siti deputati, i disastri del capitalismo selvaggio, la crisi del libro, le nuove declinazioni del ruolo di genitori. Letto alla sua uscita in Argentina come uno di quei testi ibridi molto di moda, che eludono i confini tra i generi letterari, Domani avremo altri nomi usa in realtà il pretesto di una frattura amorosa per radiografare la generazione dei quarantenni che abita le nostre città, schivando la scorciatoia della narrazione in prima persona e mantenendo la prospettiva della terza, ciò che consente allo scrittore di guardare alle riflessioni sulla post-post-modernità scaturite dalle conversazioni dei personaggi quasi fossero il brodo primordiale di una tribù urbana invischiata in intrecci di emozioni, dove si alternano fragilità e resilienze, desideri e paure, chances a rinunce.

Dal rapporto al prodotto
La storia del rapporto tra Lui e Lei si presta a esemplificare una sorta di fenomenologia delle relazioni amorose e delle loro deviazioni nelle società nevrotiche della nostra contemporaneità, dove la possibile trasformazione di ogni rapporto in un prodotto di consumo e di conseguenza di una fonte di alienazione è in agguato.
In quanto «frammenti di un discorso amoroso» aggiornati al XXI secolo, gli scambi tra i due amanti diventano allora, come Barthes aveva avvertito, figure e gesti di un mondo investito dall’abbandono di ogni prospettiva di stabilità sentimentale, a favore di un nuovo disordine amoroso che sembra imporre a sua volta ruoli e atteggiamenti non meno dogmatici di quelli che si credevano consegnati al passato. Mettendo in scena persone ingabbiate in pronomi anonimi, Pron torna su un tema, quello dell’identità e delle sue maschere, già sviluppato in altri suoi libri e inscritto saldamente nella tradizione letteraria latinoamericana; ma qui le trappole nascoste dietro le complesse riflessioni identitarie della collettività sono assunte come modelli universali, i cui esemplari soggettivi restano immersi in quel gioco di ruolo che sembra essere diventata la vita.

Lui, lei, gli altri
Apparentemente senza ragione, in realtà allo scopo di ribellarsi alla obbligatorietà dei loro ruoli, i due personaggi si separano e sperimentano altre soluzioni in cui diventano fondamentali personaggi estranei al loro contesto – una ragazza cinese, una occasionale amante inglese – finché il caso e nient’altro fornirà alla Lei del romanzo una possibile via d’uscita nella lontana Brasilia, luogo dell’utopia architettonica razionalista anni Sessanta, luogo dunque di una simbologia fallita, il cui disegno urbanistico sembra riprodurre l’immagine di un aereo schiantato a terra.