Sentiamo ripetere, martellante: «È assente una vera opposizione all’armata populista-nazionalista». È così. Non soltanto in Italia. Perché? Perché, da un lato, non regge più l’impalcatura mercantilista del mercato unico e dell’euro e, dall’altro, è venuta meno, in realtà è stata sempre un miraggio, la prospettiva della sovranità democratica europea. Così, gli europeisti, sia liberal conservatori, sia delle sinistre, in tutte le sfumature, sono senza programma fondamentale, cornice per un’opposizione convinta e convincente.

Per arginare e sconfiggere l’offensiva nazionalista va preso atto che è cambiato il terreno di gioco. Noi europeisti di sinistra dobbiamo reimpostare la declinazione del nesso nazionale-sovranazionale. È esiziale dividere l’agone politico tra Fronte Repubblicano e Fronte Sovranista, ossia, tra continuità nella retorica del «più Europa» e cambiamento regressivo. È al contempo impolitico affidarsi a liste transnazionali segnalate da un radicalismo astratto «per democratizzare l’Unione europea».

La sempre più intensa domanda di protezione sociale e la necessità di strumenti di governo dell’economia sono nodi politici ineludibili. Ma la risposta nazionalista non è l’unica possibile. Tra l’insostenibile e incorreggibile europeismo liberista e la degenerazione nazionalista va costruito lo spazio culturale e politico per una alternativa: una comunità nazionale aperta, dove i conflitti, a partire da quelli di classe e ambientali, si combattono e si compongono in riferimento alla dignità del lavoro, alla giustizia sociale, al rispetto della natura; una comunità cooperativa per affrontare enormi sfide globali, innanzitutto la riconversione ecologica delle economie e delle società e il governo dei flussi migratori.

È la comunità politica definita nella nostra Costituzione. È la visione progressiva di Patria e di Nazione scolpita in tre articoli-caposaldo: l’Art. 52: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino»; l’Art 67: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»; l’Art 11, opposto al nazionalismo e al cosiddetto «sovranismo»: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…..; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni. …..». In sintesi, Patria e Nazione definite non dal sangue e dal territorio, ma da caratteri storico-culturali condivisi, dalla fiducia negli italiani, da un interesse comune e da un impianto programmatico fondamentale.

Dobbiamo riscoprire il sentimento positivo di Patria e Nazione per rilegittimare e, qui il punto politico decisivo, rivitalizzare nelle sue funzioni essenziali lo Stato nazionale e riconnettere, nella misura possibile all’avvio del XXI Secolo, popolo e democrazia costituzionale. Il welfare o è State o non è. Senza riattivare con strumenti aggiornati lo Stato nazionale, la sovranità democratica rimane prigioniera della regolazione minima europea, la politica ancella dell’economia, il capitale dominante sul lavoro.

«Patria e Costituzione» è il nome dell’associazione che avviamo a Roma l’8 Settembre, nell’anniversario della nascita della Patria costituzionale. Non un altro micro-partito. Un’associazione di cultura e iniziativa politica, dalla parte del lavoro. Senza collateralismi ai partiti in campo. Attenta alla discussione di tutti i soggetti coerenti con i principi costituzionali. La nostra bussola per una navigazione difficile è il primato della Costituzione sui Trattati europei e sovranazionali e i principi del socialismo, del cattolicesimo sociale e dell’ecologia integrale. Un progetto per riconquistare popolo.