Si inaugura oggi a Parma la mostra personale di Pat Carra dal titolo Anticorpi a fumetti (al chiostro della Casa della Musica). Un allestimento all’aperto per 28 pannelli di grandi dimensioni in cui appaiono le vignette che hanno come tema la pandemia e che la fumettista, tra le fondatrici di Aspirina rivista acetilsatirica e di Erbacce. Forme di vita resistenti ai diserbanti, ha composto lungo questo anno complesso.
«È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo», in calce a uno dei pannelli le parole di Mark Fisher si leggono come uno degli innumerevoli moniti inascoltati di questi decenni. Ma le vignette di Pat Carra affondano su alcuni dei suoi temi prediletti che non ruotano solo attorno alla critica al neoliberismo, sia pure sempre presente, sferzante e carica di pensosa sprezzatura.

I nodi su cui si è svolta anche questa riflessione sulla pandemia sono la sapienza della relazione, tra i sessi e i viventi, la quotidianità disarmata e contraddittoria di ciò che sta capitando, parole solo all’apparenza fuggevoli e che rappresentano un graffio dolente e necessario del cuore; lo portano in pegno piccole margherite che manifestano per la sanità universale e gratuita, o fiori che replicano ai missili inneggianti la «guerra» al Covid-19 se per caso non abbiano intenzione di «bombardare gli ospedali»; si incontrano poi pipistrelli, vermi preoccupati dei pesticidi, virus che somigliano a ingranaggi e hashtag che chiedono di mandare a casa «gli incappucciati della finanza che non vedono oltre il proprio naso».

Per avere contezza di tanta sintesi politica, cui da anni Carra ci ha abituate e abituati, bisogna fare un passo indietro. O meglio uno avanti, preciso come lo sono le sue figure, minute e regali, con le stelle o un gatto tra i capelli, irrequiete e taglienti, perché vedono come bambine che il re è definitivamente nudo.
Femminista impegnata in molte «imprese» di libertà femminile, dalle riviste alla Libreria delle Donne di Milano, Pat Carra si colloca in quel luogo simbolico elettivo e speciale che è l’umorismo, un fioretto che attraversa l’intelligenza e di non facile accessibilità; certo non per chi non ha esperienza di cosa significhi il bene grande che è ridere, saper ridere, farlo significa aver lavorato duramente, per dissodare e ancora contrattare il dolore, la malinconia, l’immobilismo cui inchioda l’angoscia in particolare dinanzi all’incomprensibile o a un evento troppo grande.

Riconoscente al lavoro di due maestre di ironia come Grazia Nidasio e Claire Bretécher, Pat Carra prende molto sul serio quanto è accaduto. Basterebbe leggere quanto scrive lei stessa in «L’arte di non piangere», un intervento, firmato con Laura Marzi, nel volume Le comiche (a cura di Paola Bono e Anna Maria Crispino, iacobellieditore) quando cita la sua Cassandra che ride (nata dopo l’11 settembre e la seconda guerra in Iraq), l’antenata omerica non era stata presa sul serio invece la sua sorella contemporanea (parente di quella pensata da Christa Wolf), ride e non impazzisce: «ha trovato nell’umorismo la possibilità di riproporzionare le cose, dare misura a fatti che sembrano enormi e fuori controllo, tenere la testa a posto. È il ritorno alla misura umana, allo scambio di umanità». Restiamo anche noi, allora, dalla parte di Cassandra, per continuare a pensare.

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ALCUNI DETTAGLI

La mostra rimarrà aperta fino al 20 di giugno, l’ingresso è gratuito e si può accedere al chiostro tutti i giorni dalle 9 alle 18. L’idea di «Anticorpi a fumetti», sostenuta dall’assessora Nicoletta Paci, è nata durante la seconda ondata di pandemia da Covid-19