I colori volgono all’ocra, la luce si affievolisce fino a stemperarsi nel buio precoce, ma d’improvviso la malinconia autunnale cede a un guizzo e interrompe la sua discesa nell’inverno: quel raggio luccicante che inverte le stagioni è Gianni Rodari, il cui anno di festeggiamenti si è appena aperto per concludersi il prossimo 23 ottobre del 2020. Per celebrarlo come si deve, El, Einaudi Ragazzi ed Emme – editori di tutta la sua opera – ripropongono i suoi strepitosi libri. Fra questi, illustrato da Olimpia Zagnoli, c’è il racconto L’omino di niente (per Emme, pp.32, euro 14,90), tratto dalle Favole al telefono e pubblicato per la prima volta nel 1962. Una storia più che surreale in cui il protagonista può permettersi di sbattere la testa al muro perché tanto è fatta di niente e se proprio deve mangiare qualcosa, assaggia i buchi del formaggio che, neanche a dirlo, «non sapevano proprio di niente».

DEVE AVER IMPARATO bene la lezione dell’entrata e uscita simultanea dai mondi paralleli la scrittrice Rosella Postorino; sicuramente, fin da piccola avrà amato le filastrocche rodariane e i loro rocamboleschi rovesciamenti se, alla sua prima prova di letteratura per l’infanzia (dopo il successo di Le assaggiatrici, in cui si ispirava alla figura di Margot Wolk, costretta a gustare i piatti di Hitler per sventare tentativi di avvelenamento del Führer), la verosimiglianza di una quotidianità viene trasportata in cielo in un paese dove le feste si succedono a ritmo pazzo.

Tutti giù per aria, il suo romanzo uscito per Salani con i disegni di Alessandra Cimatoribus (pp.140, euro 14,90) comincia in un cortile di scuola. Qui Tina, bambina perfettina e poco popolare fra i coetanei, dà una sterzata alla sua vita: viene catapultata dal caso – da una Signora mongolfiera dai modi sbrigativi – in una cittadina sconosciuta che alberga fra le nuvole e dove (forse) si può ascoltare la voce delle stelle. Tina non è l’unica a sperimentare la metamorfosi inattesa delle proprie aspettative. C’è anche Stan, il bambino accolto in casa degli zii alla morte dei suoi genitori. Non è un personaggio dickensiano nonostante le premesse che lo vedono orfano. Anzi, è trattato benissimo fino a quando il cantiere navale Simpson chiude i battenti e lo zio Ernie perde il posto di lavoro. Si dovrà reinventare una vita e lo farà confezionando puzzolentissime scatolette di sardine a casa, piazzando tutti – anche il nipote – alla catena di montaggio. Da questo avvio intriso di realismo magico, l’inglese David Almond, uno degli scrittori più brillanti per i lettori giovani, costruisce la storia di Il ragazzo che nuotava con i piranha (Salani, pp. 256, euro 14,90, illustrazioni di Oliver Jeffers). A Stan, dunque, per evitare il tanfo e la monotonia non resterà che una di altri tempi fra i carrozzoni del Luna Park. Diventerà un audace tuffatore nelle acque dei pesci carnivori e aggressivi, un eroe che doma gli istinti più brutali con la danza. Ogni tanto, il lettore è distolto dalla scena principale: Almond si diverte a scuotere chi è fuori dal libro, con l’espediente letterario del rivolgersi al proprio pubblico per poi farlo immergere – ancora più a capofitto – nell’ipnotica storia.
Tra le presenze speciali s’infila anche Corentin, il bambino creato dallo scrittore francese Michel Bussi (I viaggi di Corentin, DeA Planeta, pp.320, euro 16,90; a dare corpo al protagonista c’è Éric Puybaret). L’autore francese di Ninfee nere (uscito per e/o nel 2016, noir intorno ai quadri di Monet), qui consegna al curioso ragazzino il potere demiurgico di riplasmare il mondo attraverso la fantasia, semplicemente usandola là dove gli altri ne difettano (per esempio, interloquendo con un granello di sabbia e con la capacità tutta propria di parlare con gli oggetti).

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AVVENTURE MOZZAFIATO sono assicurate anche dal ritorno dei grandi classici. Mentre Rizzoli in albi-strenne riporta in auge le marachelle di Pinocchio, le esplorazioni coraggiose di Mignolina e il mondo fatato del Mago di Oz (quest’ultimo con le tavole incantevoli di Benjamin Lacombe e con il nuovo sguardo e la riscrittura del testo di Sébastien Perez), Bompiani si riaffida all’eterna ribellione di fronte all’età adulta di Peter Pan. Un capriccio reso immortale dalla penna di James M. Barrie (un libro in edizione cartonata per la traduzione di Giorgio Ghiotti, pp. 320, euro 12) che «battezzò» il bambino che non voleva crescere per la prima volta a teatro, nel 1904.
La sua gemella di sregolatezza, Pippicalzelunghe, che non riappare in nuove vesti editoriali, lascia invece il posto a chi l’ha creata, Astrid Lindgren, di cui grazie a Iperborea che la pubblica possiamo conoscere quattro racconti inediti in Italia finora, che vanno sotto il titolo del primo della raccolta, L’uccellino rosso (traduzione di Laura Cangemi, disegni di Anna Pirolli, pp. 128, euro 12). Nei giorni della miseria, due fratelli, rimasti soli al mondo e novelli Hansel e Gretel, vengono presi in custodia presso una fattoria per mungere le vacche e lavorare sodo. In palio, c’è un pasto a base di patate e aringhe in salamoia. Una vita da «topini grigi» che d’un tratto diventa rossa e fiorita, grazie a un messaggero terapeutico per le anime perdute – un uccellino, naturalmente rosso. Il libro raccoglie alcune fiabe fra le più tristi della scrittrice svedese che tentano un riscatto dalla povertà e una via di fuga dalla solitudine dell’infanzia non dorata.

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SE BOSCHI E FORESTE, a volte, sono nemici degli umani più piccoli, forieri di disgrazie e smarrimenti, Gli alberi e le loro storie di Cécile Benoist (con Charlotte Gastaut per le tavole lussureggianti dell’albo pubblicato da Gallucci, euro 16,40) possono venire in ausilio e dissipare la disperazione. La narrazione segue le vicende antica di palme, eucalipti arcobaleno, sequoie. Viene ricordato anche il mesto epilogo dell’albero solitario del Ténéré, tafagag nella lingua tuareg, un punto di riferimento per le carovane nel deserto. Aveva radici fino a 35 metri per pescare un po’ d’acqua, ma una serie di incidenti lo distrussero tanto che l’ultima sua apparizione è stata sui francobolli postali.
Per far fronte alla «stagione della decadenza», la casa editrice Topittori ha proposto in una raffinata edizione cartonata Il re nudo di Hans Christian Andersen e Albertine, per la traduzione di Daniela Iride Murgia (pp. 40, euro 18). È una favola che parla dell’ottusità del potere – un imperatore vanitoso che sperperava il suo denaro per comprarsi vestiti nuovi finisce per andare in giro in mutande quando degli imbroglioni fingeranno di tessere un abito sontuoso ma invisibile agli stolti – e quindi non è passibile di invecchiamento.

SE L’IMPERATORE di Andersen vagabonda per il regno affetto da nudità, non è così per Wanda Petronski, alunna polacca emigrata in America, vestita di blu sbiadito che si autoassegna una marea di vestiti che però non porta mai se non nella sua immaginazione. Il romanzo I cento vestiti di Eleanor Estes che Piemme ha avuto il merito di riportare in libreria (con le illustrazioni originali di Louis Slobodkin, pp. 96, euro 14) è stato scritto nel 1944 frugando fra i ricordi personali dell’autrice, una bibliotecaria americana costretta a casa dalla tubercolosi e trasformata dalla malattia in una prolifica inventrice di storie.