Dopo la Camera anche il Senato del Messico vota a favore della riforma della legge mineraria. Il litio è bene pubblico, la sua estrazione e il suo commercio saranno gestiti da una nuova società che verrà fondata a breve. Il litio viene così considerato minerale strategico per lo sviluppo nazionale. Dentro e fuori le stanze istituzionali si confrontano e scontrano tre diversi modelli di paese: quello neoliberista difeso dai partiti tradizionali e oggi d’opposizione, il modello anticapitalista che ha nell’asse Ezln – Cni la sua espressione più avanzata e infine il modello incarnato dal presidente Andres Manuel Lopez Obrador, che vorrebbe riportare il Messico a prima del 2013 e cioè a uno stato di formale sovranità energetica (sancita dalla costituzione) per sviluppare un capitalismo di stato nel nome del liberismo sociale. Lo scontro frontale è certamente legato alla politica istituzionale dell’alleanza Pri – Pan – Prd, capace di bloccare la riforma costituzionale sull’energia elettrica, che conteneva anche la nazionalizzazione del litio. Obrador vorrebbe cancellare la riforma energetica firmata durante il governo precedente, che cambiando la costituzione ha realizzato il “sogno” neoliberista che Salinas de Gortari aprì con il suo governo e con la firma del Nafta. Il governo di Enrique Pena Nieto ha poi definitivamente rotto il monopolio di stato sullo sfruttamento delle risorse energetiche, facendo entrare capitali privati nell’estrazione e nel commercio di petrolio, gas, energia elettrica e molto altro.

POCHE ORE DOPO la bocciatura della riforma costituzionale però Amlo ha incassato la “costituzionalità” della legge sull’energia elettrica varata e stoppata lo scorso anno con l’accusa di danneggiare potenzialmente la libera concorrenza a vantaggio della centralità delle compagnie pubbliche nel mercato energetico. Così è scattato il piano “B” sul litio e l’idea di modificare la legge sulle risorse minerarie per nazionalizzarlo. In attesa del verdetto della corte costituzionale, Amlo si era giocato l’idea di modificare la carta fondamentale sia per evitare di vedersi rifiutare la legge per «incostituzionalità» sia per blindarne i contenuti e obbligare un futuro governo ostile ad avere i 2/3 del parlamento a favore. La sinistra radicale osserva con attenzione: se da un lato è interessata all’idea di allontanare le imprese private dalle risorse naturali, dall’altro sono spaventati dagli esempi di Venezuela e Bolivia, dove i patti sociali tra governo e movimenti sociali – soprattutto indigeni – sono saltati proprio sulle politiche estrattiviste. Se l’impresa di stato ragionerà con le stesse logiche di quelle private il conflitto sarà solo questione di tempo. «Nelle leggi ci sono scritte tante cose, di cui alcune supporrebbero la proprietà collettiva di beni come, per esempio, l’acqua», ha detto Juan Bobadilla, portavoce del Cni. «Ma se guardiamo con attenzione l’acqua è di fatto egemonizzata dalle grandi imprese. In Messico, poi, non si rispettano le leggi. È probabile che qualche politico troverà il modo per espropriare il litio. Lo abbiamo già visto fare con altre risorse, e può succedere ancora. Ma per il momento non sappiamo quale sarebbe la risposta di questo governo».