][ACM_2]«Erano quasi 30 anni che un governo non dedicava un intero decreto alla cultura» spiega soddisfatto Massimo Bray al termine del Consiglio dei ministri che ha approvazione il dl «Valore cultura», il giorno dopo la condanna in via definitiva di Silvio Berlusconi. Sguardi rivolti al futuro dell’esecutivo per il titolare del dicastero al ramo e per il premier Enrico Letta, o forse rivolti alla prossima campagna elettorale. Il decreto legge accontenta un po’ tutti, almeno nell’immediato: 8 milioni di euro per gli Uffizi; 4 milioni per la realizzazione del museo della Shoah a Ferrara; 2 milioni per una serie di siti, donazioni dei privati più facili fino a 5mila euro. Sei i nodi di maggior interesse a partire da Pompei, su cui il governo si gioca la faccia con la Ue e l’Unesco.

Per gestire gli appalti fuori e dentro il sito archeologico sarà istituito un Direttore generale, amministratore unico del Progetto Pompei, con il compito di definire le emergenze, seguire le gare, migliorare la gestione. Potrà ricevere donazioni, avrà il supporto di tecnici dell’amministrazione statale (massimo 20) e di 5 esperti. La Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia sarà separata da quella partenopea. Sarà accorpata al Polo museale di Napoli la Reggia di Caserta. Saranno riassegnati interamente al ministero dei Beni culturali gli introiti dei biglietti e del merchandising relativi ai siti culturali che con la Finanziaria del 2008 erano stati ridotti, fino all’attuale 10-15%. Il Mibac potrà così gestire meglio le aperture dei siti. Alcuni spazi statali e demaniali saranno poi affidati alla gestione di artisti under 35, sulla base di bandi pubblici a rotazione semestrale, sul modello parigino di «59 Rivoli».

Fronte molto caldo quello della tax credit, cioè il credito d’imposta attraverso cui compensare debiti fiscali con il credito maturato da investimenti nel settore cinematografico. Il governo aveva sottratto alla misura 45 milioni, dopo aver tagliato di 22 milioni il Fondo unico dello spettacolo. Ne era nata una vera e propria rivolta fino all’invito a ministro Bray e ai politici in genere, a cominciare dal premier Letta, a non farsi vedere alla Mostra del cinema di Venezia perché le passerelle e i convegni di circostanza non sarebbero stati graditi. Il messaggio è arrivato forte e chiaro; i 90 milioni della tax credit del cinema per il biennio 2014-2015 sono riapparsi. «È un’inversione di tendenza ma rappresenta soltanto una boccata di ossigeno offerta a un malato in rianimazione» commenta l’Anac. La sorpresa arriva dall’estensione della misura alla musica, seppure di soli 5 milioni. Serviranno a promuovere giovani artisti e compositori emergenti, opere prime e seconde senza distinzioni di genere.

A 500 laureati under 35 sarà riservato un tirocinio di un anno (2mila euro a testa totali) per la digitalizzazione e catalogazione del patrimonio culturale, i primi 100 selezionati in Puglia, Campania, Calabria e Sicilia. Una misura che in origine avrebbe dovuto riguardare mille laureati e che prosegue sulla strada dei contratti precari, in un settore dove l’età media è 55 anni e vanno in pensione tra gli 800/1000 dipendenti l’anno.Altro capitolo scottante gli enti lirici, a partire dalla crisi economica del Maggio Musicale Fiorentino, del Carlo Felice di Genova e del Lirico di Cagliari. Il dl stanzia 75 milioni (gestiti da un commissario straordinario) per le fondazioni che faranno richiesta attraverso la presentazione di un piano di risanamento l’impegno a ridurre fino al 50% il personale tecnico amministrativo (che potrà essere trasferito presso l’Ales spa) e a interrompere i contratti integrativi. Si istituisce il pareggio di bilancio e l’applicazione delle norme dei contratti pubblici; introdotto l’obbligo di condivisione di programmi e spettacoli tra le fondazioni e un radicale cambiamento nella loro governance.
Altra misura attesa da tempo è la modifica dei criteri per l’assegnazione dei fondi per lo spettacolo. Non saranno più distribuiti in base ai diritti acquisiti, ma in relazione alle attività rendicontate, al tasso artistico e al miglioramento gestionale. Sarà poi prevista un’anagrafe degli incarichi degli enti di spettacolo. Infine, gli enti culturali vigilati dal Mibac e i Teatri stabili pubblici non dovranno più effettuare i tagli orizzontali sulle spese relative a pubblicità e tournee, come previsto dalla spending review.