«Di tutte le mistificazioni che ci sono state in Italia da 50 anni a questa parte, dalla strage di piazza Fontana in poi, l’omicidio di Pasolini è la peggiore». A sostenerlo è David Grieco, autore di La macchinazione, che ricostruisce appunto i tre mesi precedenti all’assassinio dell’intellettuale oltre a mettere in scena una versione della sua morte alternativa a quella ufficiale, che infatti a detta del regista «non contiene un solo elemento di verità, quando persino la ricostruzione ufficiale del delitto Moro ha svariati aspetti attendibili».

Tutti, o quasi, vittime della strategia della tensione che, osserva il regista, «ha fatto 3500 morti, lo stesso numero dell’attentato delle Torri Gemelle a New York, dove gran un gran numero di caduti erano pompieri giunti in soccorso, così come in Italia molte delle vittime sono state magistrati, poliziotti onesti e così via».

Il percorso di David Grieco nel ricostruire il delitto Pasolini si è svolto a lungo parallelamente a quello delll’avvocato Stefano Maccioni, anche lui a Roma per la presentazione di La macchinazione, che nel 2009 chiese la riapertura dell’indagine sull’omicidio in veste di legale del cugino di Pasolini. Una ripresa delle indagini che ha consentito di provare con certezza, grazie all’esame del Dna, la presenza di altre persone oltre a Giuseppe Pelosi all’idroscalo di Ostia nel momento in cui veniva ucciso Pierpaolo Pasolini. «Ciononostante – spiega Maccioni – la Procura ha archiviato l’inchiesta nel maggio 2015. Ma noi abbiamo continuato a raccogliere prove e adesso i deputati Paolo Bolognesi (Pd) e Serena Pellegrino (Sel) hanno fatto una proposta di legge per istituire una Commissione parlamentare sul caso».

Il regista e l’avvocato si sono poi incontrati a film finito: «Mi sono sentito meno solo – dice Maccioni – perché finalmente qualcuno parlava del delitto Pasolini come di un omicidio politico e non sessuale». Lo stesso motivo che ha spinto il protagonista Massimo Ranieri a prestare il suo volto allo scrittore e regista: «avevo rifiutato altre richieste di interpretarlo perché non mi piacevano le storie, tutte concentrate sulla sua omosessualità senza restituire in alcun modo il pensiero pasoliniano».

«Questo film doveva uscire prima di tutto in Italia – aggiunge Grieco – perché ne viene fuori il rapporto che noi abbiamo con Pasolini, molto diverso da quello che hanno all’estero, dove la sua omosessualità non è tenuta in particolare considerazione». La storia di La macchinazione – «un film di pancia su un intellettuale ideologo», lo definisce il regista – parte dalla necessità di smascherare le verità ufficiali e prosegue prendendosi delle «libertà poetiche» nei confronti di fatti ancora oscuri. Mostrando ad esempio numerosi incontri tra Pasolini e Giorgio Steimetz, pseudonimo di uno scrittore la cui identità è a tutt’oggi sconosciuta e autore del libro Questo è Cefis, e cioè l’ ex presidente dell’Eni e della Montedison che nel film sembra avere un ruolo cruciale nell’omicidio.

«In Petrolio Pasolini fece una cosa inaudita – osserva Grieco – appropriandosi di brani di quel libro, tra l’altro scritto in uno stile completamente diverso, e inserendoli nel suo senza citare la fonte». Immaginarsi il perché di questa scelta è una delle strade «alternative» intraprese da un film in cui perfino Pelosi pare essere solo un burattino inconsapevole nelle mani dei cospiratori. E infatti, dice il regista, «non mi interessa affatto parlare con Pino Pelosi, perché ritengo che paradossalmente sia una delle persone meno informate dei fatti».