Mi ritrovo a casa forzatamente con mio figlio per 48 ore. Nel primo pomeriggio del secondo giorno lo costringo a vedere 20th Century women (dal trailer mi pare una sorta di American beauty pacifista hippy). In versione originale con sottotitoli. Forse per via della febbre sottostà al mio volere. A un certo punto si alza dal letto: «È triste». Controbatto:«Ma no, solo questo momento, dopo non più». Guarda la barra del tempo che scorre sul monitor. «I primi venti minuti sono tristi». Se ne va sul divano in salone a vedere altro. Cosa posso dirgli? Nulla.

Continuo la visione e più va avanti più penso che mi trovo davanti a una sorta di Bibbia per le madri, single e maritate, tutte. Il film è ambientato a Santa Barbara, California, nel 1979. Parte in accelerata: una macchina in fiamme in un parcheggio. Da dietro il vetro di un supermercato una donna e suo figlio, Dorothea e Jamie (Annette Bening e Lucas Jade Zumann), guardano divampare l’incendio. Una voce di adolescente fuori campo: «Mia madre aveva 40 anni, tutti dicevano che era troppo vecchia per avermi». Poche note e la partitura è già tutta lì, stesa sullo spartito, compiuta ma ancora da suonare. La narrazione avanza e indietreggia attraverso cadenzati approfondimenti sui personaggi – flash-back di dettagli significativi, foto in bianco e nero di repertorio di quegli anni, voice over – anticipazioni verbali di cosa accadrà, momenti fondanti, time-lapse, velocizzazioni virate arcobaleno stile comiche di inizio secolo.

Si parla di donne del ventesimo secolo: tre donne di età differenti, una teenager inquieta, una quasi trentenne segnata dall’esperienza di un tumore all’utero, una cinquantenne spaventata dall’amore tra coetanei. Donne che cercano il loro posto del mondo o pensano di averlo già trovato e gli viene messo in discussione da un figlio quindicenne ancora in cerca della propria collocazione. Donne femministe, autonome, volontariamente solitarie, donne in nuce che rigettano la madre psicologa e che per sentirsi meglio vanno a letto con molti ragazzi, donne artiste che consigliano come letture a ragazzi inesperti Noi e il nostro corpo per fargli scoprire i segreti dell’orgasmo femminile. Donne che a tavola fanno cantare a tutti gli ospiti la parola tabù «mestruazioni», davanti agli occhi sconcertati della padrona di casa matura che dovrebbe essersi abituata all’amore libero e alla modernità dell’epoca (ma non lo è). Donne che all’amore preferiscono l’indipendenza. Donne che parlano tra loro del disorientamento degli uomini contemporanei davanti ai vistosi cambiamenti sociali del ruolo femminile (degenerato in mille tragiche derive attuali). Dialoghi perfetti scandiscono le relazioni tra la madre e il ragazzo, i due coinquilini Abbie e William (Greta Gerwick, Billy Crudup), rispettivamente la fotografa trentenne e il meccanico tuttofare quarantenne, tra Jamie e Julie (Elle Fanning), la bella diciassettenne disinibita di cui è silentemente innamorato.

La sceneggiatura, scritta dal regista Mike Mills (poco conosciuto in Italia, autore del delizioso Beginners, 2010), non cade mai, procede in punta di piedi su una materia incandescente e delicata, una creta intoccabile, senza spingere mai, senza mai sgualcire la tensione, sfiorando i sentimenti con la piuma di una sapiente e colta ironia. Un piacere per gli occhi, le orecchie (colonna sonora ottima), per il cuore. Un film che contiene almeno quattro scene di ballo non può che diventare uno dei miei film preferiti. La lezione che ne traggo è la seguente: presto (o tardi) arriverà il momento di leggere Ferisce essere viva e obsoleta: la donna che invecchia (Zoe Moss, 1979), sperando di non trovarlo obsoleto e datato. Forse sono una vecchia femminista anch’io.

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