Nel 2016 scade il mandato come Segretario Generale dell’Onu per il coreano Ban Ki-moon, il nuovo segretario dovrà essere eletto entro dicembre 2016 e le votazioni sono in corso.

Secondo un criterio di alternanza delle aree geografiche di provenienza, il prossimo segretario generale dovrebbe arrivare dall’est europeo e possibilmente, seguendo un’onda di cambiamenti mondiali, essere una donna. Prima di una candidatura ufficiale si prevede che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite conduca una serie di sondaggi per determinare il supporto per ogni candidato. I prossimi colloqui sono fissati per il 26 settembre e la prima settimana di ottobre e saranno presieduti dall’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vitaly Churkin. I candidati al momento sono, tra gli altri, Irina Bokova, direttore del dipartimento Educativo delle Nazioni Unite; Helen Clark, ex primo ministro della Nuova Zelanda e capo di Undp; Antonio Guterres, ex primo ministro del Portogallo.

La procedura di selezione è stata a lungo criticata per la sua poca trasparenza; l’Assemblea Generale è, nella sostanza, chiamata a ratificare una raccomandazione del Consiglio di Sicurezza, presa a porte chiuse e soggetta al vincolo del veto, ciò ha significato che la scelta sia spesso ricaduta su colui che meglio rappresentava il minimo comune denominatore tra gli interessi dei cinque membri permanenti.

Questa volta le cose sembrano essere migliorate grazie all’attuale presidente dell’Assemblea Generale, il danese Mogens Lykketoft, il quale ha chiesto che il processo di selezione si svolga in modo più aperto, invitando gli stati membri a presentare formalmente le proprie candidature e promuovendo un dibatto pubblico come mai era avvenuto prima ed anche se le votazioni sono ancora anonime, i risultati invece possono essere fruiti dal pubblico. I candidati, alcuni più di altri, stanno dunque dando vita ad una competizione pubblica, presentando apertamente le proprie piattaforme e partecipando attivamente al dibattito sul futuro dell’organizzazione.

Così, sebbene il processo decisionale sia rimasto inalterato, il risultato è stato che ben dodici Stati hanno presentato un candidato ed i candidati hanno pubblicato una specie di «colloquio di lavoro» in cui si presentano ed esplicitano le proprie credenziali.

Al momento, dopo il ritiro dell’ex ministro degli Esteri della Croazia, Vesna Pusi, sono ancora in corsa in undici. Le votazioni non solo esprimono il proprio gradimento, ma anche la propria avversità o neutralità, se, in una seconda fase di voto non più anonimo, il parere negativo ad un candidato proviene da uno dei 5 Stati membri permanenti, quel candidato viene eliminato.

Inizialmente il nome più gettonato era quello di Helen Clark, definita nell’ambiente come una Hillary Clinton più aggressiva, disposta a tutto per portare avanti le proprie istanze, come ha dimostrato nella grande ristrutturazione del dipartimento di cui è a capo, Undp, dove ha decimato le posizioni disponibili per contenere i costi, alla prova del voto, però, Clark ha raccolto solo 6 pareri positivi e ben 7 negativi, mentre a guidare la lista sarebbe il portoghese Guterres che nell’ultima votazione aveva solo 2 voti negativi e 12 preferenze.

L’ex primo ministro portoghese è stato per dieci anni Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, e per ora ha la maggioranza delle preferenze, ma gli esperti di vicende Onu avvertono di non sopravvalutare il risultato dei primi due voti in quanto bisogna capire come intendano muoversi Russia e Stati Uniti, che hanno il potere di veto. Se fosse stato l’ambasciatore di Mosca, Vitaly Churkin, a dare uno dei due voti contrari al candidato portoghese, il suo percorso rischierebbe di concludersi. Non è escluso che per neutralizzare eventuali veti incrociati, si aggiungano nuove candidature come quella di Kristalina Georgieva, economista bulgara, ora commissario a Bruxelles per il bilancio e le risorse umane.