Maglietta bianca, pantaloncino nero: Khalifa accosta con la bici al marciapiedi; lo segue a ruota un ragazzo. Si sono recati in un bar per cercare un compagno che non era ancora rientrato in comunità. È spuntato fuori il video del pestaggio avvenuto sabato scorso a Partinico, pochi chilometri da Palermo. Khalifa, senegalese di 19 anni richiedente asilo, è ancora seduto sulla bici quando gli si avvicina un uomo, maglia scura e pantaloncino bianco, che gli punta subito un dito contro. Le immagini sono riprese dalla telecamera piazzata nel bar sulla piazza della cittadina. Arrivano altri due uomini, uno indossa una maglietta arancione, l’altro una maglia bianca e jeans: i due allontanano l’uomo che con aria minacciosa stava inveendo contro il ragazzo senegalese, che intanto riesce a scendere dalla bici, senza mostrare alcun tipo di reazione. A questo punto si vede l’uomo con la maglia bianca che strattona Kalifa. Alla scena assistono alcuni automobilisti che transitano con le auto proprio a fianco del gruppetto. Khalifa viene spostato in strada, un uomo lo tiene l’altro lo prende a pugni; arriva anche il terzo. Le immagini non sono nitide. In un frame si vedono altre persone sul marciapiedi, alcune allontano gli aggressori, altre invitano Khalifa ad andarsene; il ragazzo sale sulla bici e va via rischiando di finire contro un auto, mentre si notato persone urlargli qualcosa contro.

È proprio grazie alle riprese della telecamera che i carabinieri sono riusciti a risalire a due degli aggressori che sono stati arrestati per lesioni personali aggravate dall’odio razziale, su disposizione della Procura di Palermo che sta indagando. Ai domiciliari sono finiti un operario di 37 anni, Lorenzo Rigano, e un uomo di 34 anni, Franco Bruno; quest’ultimo era riuscito a sfuggire al provvedimento di arresto del gip Fabrizio Anfuso, su richiesta del pm Gery Ferrara, ma è stato catturato dai carabinieri a Ragusa.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, Khalifa Dieng, lo scorso 28 luglio, si trovava nella piazza di Santa Caterina per cercare l’amico non ancora rientrato nella struttura quando è stato insultato da alcune persone sedute al tavolino di un bar: «Vattene via sporco negro, siete tutti figli di p… ve ne dovete andare dal nostro Paese». Insulti gratuiti, senza alcuna motivazione se non quella dell’odio razziale. Poi, come si evince dal video diffuso ieri dai carabinieri, l’hanno colpito a calci e pugni al viso, ferendolo: tre minuti e 25 secondi di terrore mentre c’era persino chi rideva assistendo al pestaggio. Il ragazzo non ha reagito ed è stato portato nell’ospedale di Partinico per essere medicato. Agli investigatori un testimone, tra i pochi a squarciare il velo di omertà, ha raccontato di avere sentito Khalifa dire alle persone che inveivano contro il ragazzo: «Vedi io sono come te, sono italiano», mostrando i documenti nel portafoglio. Il ragazzo ha poi spiegato che con quella frase intendeva dire che era regolare, che aveva un lavoro al porto di Palermo, che voleva solo un futuro in Italia e non voleva mancare di rispetto a nessuno. I carabinieri sono venuti in possesso di due filmati solo il giorno dopo la denuncia di aggressione, perché in un primo momento i gestori del bar e di una vicina tabaccheria avevano sostenuto che le telecamere non fossero attive, salvo poi consegnare i nastri.

Per il gip questo comportamento, insieme a quello di altri testimoni è sintomatico di una «diffusa e desolante coltre di omertà che ha contraddistinto la generalità dei tantissimi soggetti che hanno assistito alle varie fasi dell’aggressione». A parte coloro che, dopo i primi momenti dell’aggressione, erano intervenuti per proteggere il senegalese, in pochi hanno testimoniato per individuare gli aggressori, «che pure – da quel che emerge dalle indagini – sono ben noti in quanto abituali frequentatori della piazza e dei locali di ristorazione».

Solidarietà con lo slogan «Non si alzano le mani» è stata espressa a Khalifa in una assemblea nella sede del comune di Partinico da Cgil, Arci, Sunia, Libera, Anpi, Legambiente, Auser, Centro Pio la Torre, Arcidonna, Beatyc Beatyc, le Donne di Benin City, la Diocesi di Monreale, e alcune comunità che si occupano dell’accoglienza.