La tensione è stata forte anche ieri a Gerusalemme Est e nei sobborghi palestinesi vicini alla città. Decine i feriti, tra i quali tre poliziotti. Soprattutto in Cisgiordania dove oltre ai feriti da proiettili rivestiti di gomma e calibro 22, parecchi dimostranti palestinesi sono rimasti intossicati dai lacrimogeni. A Qalandiya, Kufr Qaddum, Bilin, Hebron e altre località centinaia di giovani hanno affrontato i soldati per ore. A Gerusalemme 5000 mila poliziotti – la Knesset ha autorizzato l’impiego anche dei riservisti della Guardia di Frontiera – hanno blindato la città vecchia e impedito ai fedeli musulmani con meno di 40 anni l’accesso alla Spianata delle moschee. All’interno delle mura antiche i poliziotti hanno bloccato sul nascere, non mancando di pestare alcuni giovani, ogni accenno di protesta. La “giornata di rabbia” ha visto ieri sera un razzo sparato da Gaza (forse da gruppi salafiti) colpire la cittadina israeliana di Sderot, dove ha causato danni a un bus e alcune auto ma non alle persone (la scorsa notte si attendeva la risposta israeliana).

Tuttavia, nonostante le parole grosse e i toni da guerra usati dalle autorità israeliane, la contestazione palestinese per le “visite” sulla Spianata di coloro che sono descritti dal governo Netanyahu come “gruppi di turisti ebrei” (in realtà sono attivisti della destra che reclamano la sovranità sul biblico Monte del Tempio) non ha affatto toccato livelli mai raggiunti, anzi. E’ ancora vivo il ricordo delle manifestazioni di un anno fa, con scontri senza sosta tra centinaia di shebab palestinesi e polizia, andate avanti per settimane dopo che alcuni israeliani, per vendicare l’uccisione di tre ragazzi ebrei in Cisgiordania, bruciarono vivo l’adolescente Mohammed Abu Khdeir, e in risposta all’operazione militare “Margine Protettivo” contro Gaza. A Gerusalemme ci fu anche quella che i media israeliani chiamarono “l’Intifada delle auto” – lanciate in corsa da palestinesi contro fermate d’autobus e del tram – che causò alcune vittime. Certo, il clima è torrido, ma tra ciò che registriamo in questi giorni e la situazione di un anno fa la differenza è enorme.

Perchè il governo israeliano, i media e l’opposizione laburista dipingono un quadro da Terza Intifada? Perchè i lanci di pietre sono descritti come “attacchi armati” da punire con il massimo della severità? Le pietre scagliate dai palestinesi, sin dalla prima Intifada contro l’occupazione israeliana, hanno causato vittime anche negli anni passati, non solo in questi ultimi giorni. Gli stessi capi dei servizi di sicurezza e i comandi militari ripetono che non è in corso una nuova rivolta. La sensazione è che la guerra proclamata dal governo Netanyahu alla “violenza palestinese”, le accuse di incediare la situazione rivolte al presidente dell’Anp Abu Mazen e i toni apocalittici usati per descrivere Gerusalemme Est in questi giorni, siano figli anche di ragioni di opportunità politica e dei rapporti difficili tra il governo israeliano e l’Amministrazione Obama dopo la firma dell’accordo di Vienna che ha riconosciuto il programma nucleare iraniano. Senza dimenticare le tensioni con Bruxelles, a cominciare dalla fermezza, che Israele non si aspettava, con cui l’Ue pare decisa a “escludere” le colonie ebraiche in Cisgiordania dai rapporti commerciali firmati con Tel Aviv. Il primo ministro Netanyahu chiede di più delle armi promesse da Washington per digerire le intese di Vienna. Vuole che la questione dello Stato di Palestina sia archiviata, vuole che le colonie israeliane siano riconosciute. La demonizzazione dei palestinesi è un passaggio fondamentale per ottenerlo.

(immagini girate da Michele Giorgio)