«Una mostra non è solo una disposizione di oggetti nello spazio ma un atto di invenzione, un’esperienza temporale che coinvolge l’architettura, le opere e il visitatore stesso», dichiara Philippe Parreno. Nato in Algeria nel 1964, Parreno si è affermato sulla scena artistica internazionale nei primi anni ’90 con un lavoro assolutamente originale in cui attraverso installazioni, film, concerti, performance, pubblicazioni e realtà virtuale ha messo in discussione il concetto di «autore» e di display espositivo. Con Douglas Gordon ha diretto nel 2006 il film Zidane. Un ritratto del XXI secolo, sul celebre calciatore; con Pierre Huyghe nel 1999 ha dato origine a No Ghost Just a Shell, progetto in cui hanno collaborato più di venti artisti per creare l’identità di Annlee, manga giapponese di cui avevano acquisito i diritti per fornirgli una propria personalità attraverso video, oggetti e stampe. Ha inoltre collaborato con Jaron Lanier, Liam Gillick, Tino Sehgal, Carsten Höller, con l’architetto François Roche e con i musicisti Devendra Banhart, Pierre Boulez, Mikhail Rudy e Nicolas Becker, quest’ultimo sound designer e autore della colonna sonora di Gravity.
Hypothesis è la sua prima antologica in Italia ospitata all’HangarBicocca di Milano, in cui l’artista esplora modalità espositive processuali, come era già accaduto per le sue mostre personali a Park Avenue Armory a New York, al Pompidou e al Palais de Tokyo a Parigi, alla Serpentine Gallery di Londra, per ricordarne solo alcune.

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Non si tratta di creare installazioni site-specific, perché la messa in discussione di Philippe Parreno è molto più radicale. Ogni mostra è un’invenzione che deve essere testata, una sorta di «verifica incerta» dove le opere sono riadattate per rispondere alle specificità del luogo e per indagare la «visibilità temporale» dell’opera, come suggerito da Frederick J. Kiesler, architetto, designer, scenografo, scrittore che, con questa sua teoria, ha influenzato molti architetti e artisti sperimentali.

Curata da Andrea Lissoni, Hypothesis raccoglie alcune tra le più significative opere realizzate negli ultimi anni, una ventina di Marquees, sculture luminose in plexiglass, un libro, sette video, tre installazioni. È un’esperienza multisensoriale in cui suoni, rumori, apparizioni luminose, proiezioni di film, suoni provenienti dall’esterno (auto, sirene, il rumore dei treni della vicina stazione ferroviaria) si diffondono nell’hangar per creare uno spazio organico, coreografato, per citare una definizione di Merce Cunningham particolarmente cara a Parreno. L’artista, come è sua pratica metodologica, ha rielaborato opere già esistenti per riadattarle agli ex spazi industriali dell’hangar, creando un’unica, nuova installazione temporanea che segue uno script preciso e in cui si alternano eventi e azioni.

Hypothesis potrebbe essere definito un lunghissimo film che contiene al suo interno una storia del cinema in cui l’artista esplora i dispositivi di produzione del reale attraverso una molteplicità di linguaggi espressivi per indagare quelle che lui chiama catene di immagini. «Oggi non esistono più belle immagini – afferma – quanto delle catene di immagini, ossia strutture dinamiche che ne elaborano altre, attraverso la pre-produzione, la produzione e la post-produzione, strutture che dipendono sempre l’una dall’altra». Tale affermazione indica l’influenza che un autore come Jean Luc Godard ha avuto su Parreno. Il regista francese ha, infatti, a lungo analizzato la genealogia della cultura visuale contemporanea con l’opera Historie(s) du cinéma in cui ha prodotto e individuato nuove relazioni tra immagini, suoni e linguaggio. Parreno porta a compimento le suggestioni di Godard con le sue opere installative per ripercorrere, in modo visionario, le trasformazioni dell’immagine in movimento in una drammaturgia processuale che si dirama nello spazio.

L’installazione Another Day with Another Sun, realizzata in collaborazione con l’artista Liam Gillick, è composta da una luce artificiale che corre su binari sospesi e proietta sulle pareti e a terra le ombre delle Marquees. Le ombre disegnano un paesaggio urbano effimero che ricordano gli spettacoli di luci e di ombre del pre-cinema.
Le Marquees, ispirate alle insegne luminose poste all’esterno dei cinema americani per pubblicizzare i film negli anni Cinquanta, offrono a Parreno «il piacere di prendere un oggetto senza reinventarlo per rinegoziare il modo con cui quell’oggetto diventa pubblico», come ha lui stesso precisato.

L’oggetto è per Parreno sempre qualcosa di transitorio: una fase dell’articolato itinerario che un’idea compie tra molteplici possibilità, e questa messa in discussione ha radici nelle pratiche artistiche Fluxus, che sono state particolarmente significative per questo autore. Le Marquees possono essere esposte da sole o disposte in fila e sospese ad altezze diverse per comporre (come accade all’Hangar) Danny the Street, la strada disegnata nel fumetto Doom Patrol di DC Comics. Passeggiando nella «strada» il visitatore è immerso in un percorso multisensoriale: le Marquees si illuminano a intermittenza e come strumenti musicali diffondono una partitura composta da Parreno insieme a Nicolas Becker, Agoria, Robert AALowe e Liam Gillick.

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Ancora cinema nel film Marilyn nato dalla lettura di un libro di appunti, scritto dell’attrice. Marilyn non viene mai inquadrata e la sua presenza è data solo dalla sua voce e da una penna che scrive su un quaderno la suite dell’Hotel Astoria in cui soggiornava negli anni ’50. Dopo aver mostrato in modo dettagliato la suite, un carrello all’indietro mostra che non si tratta di una stanza ma di un set cinematografico, la voce inizia a scomporsi, diventa irriconoscibile e inumana, come accade a Hal il computer di 2001 Odissea nello spazio quando viene disattivato. Il cinema del futuro e la seduzione dell’immagine virtuale è invece presente nel film Anywhere Out of the World, il primo episodio di No Ghost Just a Shell, in cui Annlee racconta la propria storia, quello di essere una ragazza senza passato e di essere stata liberata dalle leggi del mercato e del copyright.

Visitabile fino al 14 febbraio 2016, Hypothesis offre al visitatore un’esperienza immersiva in cui è invitato a perdersi tra apparizioni, performance luminose, suoni e rumori per esplorare sequenze e suggestioni narrative che evolvono nel tempo.