Sono in campagna elettorale per le primarie del centrosinistra da poco più di un mese. Ogni giorno, negli incontri, la costante è: sale sempre piene, pubblico attentissimo, che prende appunti, che racconta di esperienze e problemi ma che fa anche proposte.

Sono militanti e giovani curiosi. Persone che, spesso, hanno rinunciato a una tessera di partito o a dichiarare un’appartenenza ma che hanno la voglia di spendersi per un progetto, un’idea di convivenza, un’idea di giustizia, una cosa utile per la zona e la città dove vivono.

In nessuno dei confronti pubblici con i cittadini milanesi ho sentito riproporre le divisioni, le polemiche, gli ideologismi, le appartenenze che segnano e avvelenano il confronto a sinistra. Sto ascoltando, invece, le voci di cittadine e cittadini che non vogliono che i cinque anni di Pisapia vengano archiviati come una parentesi. Che non accettano l’idea che quel patrimonio venga dissipato. Che sperano che fra due anni, quando si andrà al voto per le politiche, il “modello Milano” esista ancora e goda di ottima salute, e che costituisca un riferimento forte e autorevole anche per il governo nazionale.

Le primarie a Milano sono questo: una clamorosa smentita sulla crisi irrecuperabile della politica. E sono una cosa maledettamente seria, perché costringono chi si mette in gioco a ripensare alle proprie categorie di lettura della realtà. E a fare i conti, spesso, con la necessità di avere un altro punto di vista sulle cose, sulle formule e sui numeri. Per esempio mi ha convinto, ancora di più, della necessità che il bilancio – e quindi l’agenda delle priorità dell’amministrazione – sia accompagnato sempre dalla condivisione e dalla leggibilità delle scelte.

Con la giunta Pisapia ho introdotto il bilancio partecipativo, vale a dire la possibilità di finanziare progetti scelti dai cittadini. Abbiamo avuto 30 mila voti espressi on line. Ma dobbiamo e possiamo fare molto di più. La partecipazione non può ridursi a una ratifica delle decisioni prese centralmente. Va invece ridefinita come “metodo” di determinazione delle scelte e organizzata per obiettivi. I cittadini vanno messi in condizione di diventare attori e soggetti protagonisti delle scelte che riguardano i quartieri e le municipalità. Dobbiamo costruire un’intelligenza collettiva finalizzata a raggiungere traguardi concreti e misurabili.

Parlo di processi di partecipazione e di condivisione perché credo che tutto ciò riguardi tantissimo la sinistra. Anzi perché penso che l’allargamento della partecipazione, finalizzata alla progettualità e agli obiettivi da raggiungere, sia un tratto costitutivo ed esclusivo della sinistra in (quasi) tutte le declinazioni che conosciamo. Quando ho deciso di candidarmi alle primarie milanesi ho voluto sottolineare un’intenzione e una volontà: parlare a tutto il centrosinistra milanese.

Milano esce da cinque anni di buona amministrazione guidata da un sindaco come Giuliano Pisapia. La città ha migliorato tutti i suoi indicatori di vivibilità, attrattività, sostenibilità ambientale, offerta e produzione culturale ottenendo riconoscimenti mondiali. Lo stesso successo di Expo – almeno per quanto riguarda la quantità di visitatori e la capacità di rappresentare la voglia di ripresa e l’ambizione del Paese – non sarebbe stato possibile se Milano non avesse prima trainato, e poi sostenuto, l’esposizione universale grazie al grande lavoro di rigenerazione messo in moto dalla sua giunta. E l’esperienza della giunta Pisapia ha dimostrato che c’è una sinistra di governo innovativa, capace di cura e progettualità, che ha a cuore i diritti delle persone quanto il rispetto della legalità e la trasparenza. È giusto e naturale che ci sia qualcuno che di questi valori e questa capacità di governo si faccia carico, per proseguirne il percorso e aprire una pagina nuova, per consolidare, migliorare, sviluppare questo patrimonio.

Nei prossimi anni dovremo costruire la città metropolitana. Non può essere un involucro burocratico e nemmeno una nuova forma di centralismo. La città metropolitana dev’essere un nuovo modo di concepire il “fare” città, sfruttando una scala più grande per affrontare problemi più grandi e per porsi traguardi più ambiziosi. Dev’essere una città policentrica, che mette in rete risorse e servizi, garantendo un’amministrazione vicina ai cittadini. In questa logica ho proposto la gratuità dei mezzi di superficie del trasporto pubblico.

Sarà un obiettivo di mandato, finalizzato al contrasto dell’inquinamento e a una mobilità sostenibile fondata sul mezzo pubblico, l’incremento dello sharing di auto, moto e biciclette, lo sviluppo della trazione elettrica.

Qualcuno ha parlato di demagogia e di trovata elettorale. La città deve dare un segnale forte e inequivocabile del suo impegno a debellare un fattore negativo che minaccia di interrompere il percorso virtuoso intrapreso in questi anni. Sconfiggere lo smog si può e Milano è all’altezza di questa sfida.

Ma per farlo occorre cultura politica, sapere amministrativo, passione e determinazione.

Io penso che queste qualità siano proprie solo della sinistra, a dispetto della sua rappresentazione spesso avvilente e rissosa. E non credo che per interpretarle e declinarle basti un passato da manager, perché il rapporto con elettori e cittadini non ha niente a che vedere con il ruolo degli azionisti.

Questa è, in fondo, la ragione della mia candidatura. Questo è il desiderio che sto sentendo crescere negli incontri di queste settimane.