In anteprima sul debutto assoluto di stasera al teatro Comunale Verdi di Gorizia nell’ambito della NID – New Italian Dance Platform, il festival Torinodanza ha presentato alle Fonderie Limone di Moncalieri il nuovo dittico di Aterballetto – Fondazione Nazionale della Danza. Due creazioni a firma Cristiana Morganti, ex danzatrice del Tanztheater di Pina Bausch, ormai vibrante autrice indipendente dal segno ironico quanto profondamente umano, e Hofesh Shechter, coreografo e musicista israeliano dal timbro viscerale, tra i più gettonati del panorama londinese. Una serata che coincide con la prima uscita della compagnia sotto la nuova direzione generale di Gigi Cristoforetti e artistica di Pompea Santoro, portando a compimento in un unico e inedito programma due delle ultime commissioni della precedente direzione Bozzolini. Non sapevano dove lasciarmi… è il titolo del lavoro di Cristiana Morganti. 45 minuti che entrano nelle vite di nove danzatori.

Perché si è scelto di danzare? Come si è arrivati a ciò che si è da adulti? Il pezzo parte con una danzatrice in lungo su uno sfondo blu cielo e nel suo ballo avvolgente e solitario, dai carezzevoli movimenti di braccia, riconosciamo quel parlare con il corpo che fa parte della storia di Cristiana dai tempi di Wuppertal. Ma lo stacco repertino della musica (collage curato dalla stessa coreografa) ci porta in un istante altrove. Alcuni danzatori, con indosso una gonna simil-tutù (maschi e femmine) ci catapultano in differenti storie di formazione, ma sono frazioni di memoria con i passi classici che si frantumano sulla canzone F**k The Pain Away di Peaches. Strappandosi il microfono, uno dopo l’altro raccontano come sono arrivati alla danza. «Non sapevano dove lasciarmi..» è una delle realtà. Micro confessioni che fanno da guida al vortice successivo di assoli, duetti, generosi ensemble: un pezzo con cui i danzatori di Aterballetto provano a tirar fuori, grazie al lavoro di Morganti, la loro singolarità oltre la tecnica per lasciarla respirare nella danza.

Hofesh Shechter in Wolf rielabora per i 16 danzatori di Aterballetto un suo vecchio lavoro intitolo Dog e creato originariamente per sette interpreti ai tempi del suo pezzo culto Uprising. Governato da un’energia primordiale, Wolf, fisicamente impegnativo, liberatorio quanto stremante, spinge i danzatori a ritrovare in sé una qualità di movimento animale, diretta, senza fronzoli estetizzanti. Non è un caso che lo stesso coreografo spieghi così il suo rapporto con il pubblico: «Vorrei che gli spettatori sperimentassero di pancia il mio lavoro, qualcosa che ha che fare con la natura, una forza più alta delle nostre menti oppressivamente acculturate». Tagli di luce laterali, foschia color terra, Wolf, sostenuto in buona parte dalle musiche percussive dello stesso Shechter, è la visione onirica di una tribù che riporta in primo piano sensazioni immediate e primitive. Accolto con successo, il doppio programma Morganti/Schechter sarà, dopo Gorizia, al Valli di Reggio Emilia il 10 novembre e a Ferrara e Modena nel 2018. Wolf replica anche al Teatro delle Muse di Ancona il 29 ottobre.