Stop ai colloqui di adesione della Turchia all’Unione Europea se la riforma costituzionale (approvata dal referendum del 16 aprile, tra accuse di brogli e impedimenti al voto) sarà attuata senza modifiche.

È il contenuto della raccomandazione votata ieri dal Parlamento europeo con 477 voti favorevoli, 64 contrari e 97 astensioni. I parlamentari esprimono preoccupazione per la «marcia indietro della Turchia su Stato di diritto, diritti umani, libertà dei media e lotta alla corruzione».

Una marcia indietro rappresentata dalla riforma che introduce un super presidenzialismo in cui pesi e contrappesi diventano quasi irrilevanti. Immediata la reazione di Ankara: il voto del Parlamento «vale zero», ha detto il ministro per gli affari europei Omer Celik, che definisce la risoluzione parziale.

Poche ore prima del voto, intanto, la polizia turca compiva una retata in un hotel nell’isola di Buyukada dove si erano riunite alcune organizzazioni per i diritti umani. Dodici attivisti sono stati arrestati con l’accusa di «appartenenza a organizzazione terroristica»; tra loro la direttrice di Amnesty International in Turchia, Idil Eser. Non si conosce il luogo della detenzione né i motivi dell’arresto.

Resta in prigione il presidente di Amnesty Turchia, Taner Kilic, arrestato il 7 giugno con 22 avvocati, con l’accusa di essere parte della rete dell’imam Gülen.