La pietra dello scandalo è negli atti del senato al numero 3-02324 e su quella pietra stanno seduti i 36 senatori di tutti i gruppi parlamentari che hanno sottoscritto l’interrogazione al ministro Speranza proposta dalla Udc Paola Binetti. Che vuole sapere se il ministro della salute «non ritenga ormai utile, necessario e improcrastinabile procedere alla vaccinazione urgente dei senatori». Con lei colleghi di Forza Italia, dei 5 Stelle, di Italia viva, del Pd, della Lega, di Fratelli d’Italia, della Autonomie e del gruppo misto. «Casta continua», la sintesi del Fatto quotidiano che ieri ha dato la notizia. Le reazioni sono state al livello. Per una Valeria Valente del Pd che rivendica la firma dell’interrogazione, «visto che non è stata scelta la strada del voto a distanza», piovono le prese di distanza, da Italia viva ai 5 Stelle per i quali «i parlamentari, come tutti i cittadini, devono attenersi alle indicazioni previste dai protocolli». Il punto sta proprio lì, domandarsi se i parlamentari non vadano considerati alla stregua di quei lavoratori essenziali ai quali è stata riconosciuta una priorità nelle vaccinazioni, come gli insegnanti, le forze armate e di polizia, i sacerdoti e chi svolge «altre attività essenziali», categoria indefinita che in alcune regioni ha aperto uno spiraglio per soggetti diversi (per esempio chi lavora nei tribunali) senza troppo scandalo. Ma per i politici è diverso.

In realtà deputati e senatori non hanno dubbi sulla essenzialità della loro funzione, ma quasi nessuno si azzarda a dirlo ad alta voce perché la furia anti politica e anti casta è ormai una condizione interiorizzata. Che sopravvive alle mode: «Va a finire che ci fanno fare le cavie dei vaccini cinesi», rispondeva qualche giorno fa una senatrice alla quale chiedevamo perché non sollevare il problema pubblicamente. Il paradosso è che proprio chi nei primi mesi della pandemia si è opposto alla sperimentazione del voto a distanza, abbracciando la retorica del parlamento che coraggiosamente doveva continuare a riunirsi, come i 5 Stelle, è anche il primo a gridare allo scandalo davanti alla necessità di vaccinare deputati e senatori (e i lavoratori della camera e del senato). Quando è chiaro a tutti che anche le limitazioni nelle riunioni e nelle votazioni imposte dal virus hanno contribuito a ridimensionare il ruolo del parlamento in quest’ultimo anno.

Così è rimasto isolato il presidente del Comitato nazionale di bioetica Maurizio Mori, che a dicembre ha proposto di vaccinare tra i primi anche i parlamentari italiani. Nel frattempo il Congresso degli Stati uniti aveva già terminato di vaccinare tutti i suoi componenti, senza troppe discussioni. Sempre a dicembre, in Germania, il presidente del Bundestag Wolfgang Schäuble aveva chiesto a gran voce di inserire i deputati nel primo gruppo delle vaccinazioni, vista l’alta funzione da loro svolta, senza però essere accontentato (mentre secondo la stampa tedesca in almeno 9 su 16 Land i politici locali sono stati vaccinati). Anche in Francia all’avvio della campagna c’è stata una discussione pubblica sull’opportunità di vaccinare i membri del governo e i parlamentari, così da dare l’esempio in un paese dove i sentimenti no vax sono assai più diffusi che da noi, ma si era deciso di evitare per paura della rabbia anti casta (le polemiche con le quali è stata accolta la foto dell’iniezione al ministro della salute, il medico Olivier Véran, hanno anticipato quelle che in Italia hanno accompagnato la vaccinazione del presidente della Campania De Luca; il francese è stato anche accusato di voler mostrare i muscoli).

Nessuna priorità per i parlamentari in Gran Bretagna dove pure, come negli Usa, c’è la tradizione dei politici che danno l’esempio. Il primo ministro britannico, del resto, così come il presidente francese, dovrebbe essere immune in quanto ex ammalato. In Spagna l’ex leader di Ciudadanos Albert Rivera ha proposto di immunizzare i leader politici come esempio, l’ha fatto su twitter e ha ottenuto una valanga di critiche. I casi di alcuni politici locali sorpresi a sgomitare non hanno aiutato. In Grecia il primo ministro Kyriakos Mitsotakis aveva deciso che i politici nazionali sarebbero stati tra i primi e si era fatto fotografare con l’ago nel deltoide, salvo bloccare tutto per le polemiche. Invece in Portogallo un piano iniziale per vaccinare tutti i membri del governo e del parlamento è stato ridimensionato, conservando però un elenco di 50 deputati (su 230) indicati dal presidente dell’Assemblea della repubblica come «prioritari» perché a capo dei gruppi o delle commissioni. Sono stati tutti vaccinati.