Per quali motivi il lupo ci spaventa e allo stesso tempo ci affascina? Quali sono le radici di questi sentimenti opposti? Ho incontrato i lupi per la prima volta sui Monti Sibillini. Un amico ricercatore mi coinvolse in una sessione di wolf howling, una tecnica che consiste nell’emettere un ululato registrato e aspettare la risposta dei lupi, ricavandone informazioni scientifiche. All’inizio fu un’esperienza inquietante: camminando al buio nel bosco mi colse una paura ancestrale, partorita dalle storie spaventose ascoltate da piccolo. Sapevo che i lupi non attaccano l’uomo, e che anzi lo temono. Ma quella notte ogni ombra sembrava spalancare fauci immaginarie. Finalmente arrivammo in un’ampia radura e la luna bagnò di luce ogni cosa. E quando i lupi risposero al nostro richiamo, fu il più bel concerto della mia vita. La paura del lupo cattivo fu spazzata via come bruma da un vento fresco, e non tornò mai più. Da allora, ho cercato di conoscere meglio questi animali straordinari. Quello che mi ha sempre affascinato del loro mondo è il senso di comunità, tanto simile a quello degli uomini. Anche i lupi vivono in famiglie, allevano con cura i cuccioli e gli tramandano le conoscenze, difendono la loro casa, amano viaggiare e comunicano a distanza. Ma è il loro linguaggio che, più di ogni altra cosa, mi ha colpito. Oltre ai vocalizzi, alla mimica facciale e alla postura del corpo, c’è dell’altro. Se si osserva come si muovono in branco, come si coordinano durante la caccia o risolvono gli imprevisti, sembra quasi che si leggano nel pensiero.
Il ricercatore Jan McAllister, ne I fantasmi della foresta (Orme Editori), afferma che il branco canadese da lui studiato sembrava mosso da un unico cervello. Forse il linguaggio corporeo dei lupi è così sofisticato da sfuggirci. D’altronde, noi umani siamo in grado di dirci un sacco di cose con una semplice occhiata, che nessun lupo capirebbe.
McAllister descrive anche l’attitudine dei lupi a prendersi cura degli individui in difficoltà. La lupa Tre Zampe, mutilata in uno scontro con un orso, fu accudita dal branco per anni. Anche in Italia si registrano casi simili: il lupo Achille, azzoppato da una tagliola, è sopravvissuto grazie all’aiuto dei compagni nonostante il suo apporto al branco fosse nullo. Un atteggiamento altruistico rarissimo nel mondo animale.
Nel libro Il lupo e il filosofo (Mondadori), Mark Rowlands afferma che «l’idea che il significato della vita sia qualcosa che può essere posseduto è un retaggio della nostra avida anima scimmiesca. Ma per un lupo è cruciale essere, non avere. Per un lupo ciò che importa nella vita è essere un certo tipo di lupo». I ruoli sono importanti nella scala gerarchica di questi animali, che va dai capibranco, la coppia alfa, fino all’omega, l’ultimo nella scala sociale. Eppure, anche un omega ha una dignità che gli altri individui gli riconoscono, come racconta Jim Dutcher nel libro Con i lupi (Piemme). Quando la femmina omega Motaki venne uccisa da un puma, «il loro modo di ululare cambiò. Invece di riunirsi, i lupi rimanevano immobili, ognuno per conto proprio. Il loro canto era lento, dolente, solitario. Avrei dato qualunque cosa per sapere ciò che passava per la loro mente in quel momento. Quanto profonda era la loro consapevolezza della morte? Il loro ululato somigliava a una sorta di richiamo, come se lei potesse tornare. Ma in fondo, non ci comportiamo forse così anche noi di fronte alla perdita in un essere amato?»
I lupi ci offrono molti spunti di riflessione, anche su noi stessi. Di recente ho seguito un caso che presto diventerà un libro: è la storia di due cuccioli di lupo trovati orfani ai quali, una volta cresciuti, è stata ridata la libertà attraverso un percorso mai provato prima in Italia. Non dimenticherò mai il momento della liberazione. Perché a correre fuori da quelle gabbie, quel giorno, insieme ai lupi c’ero anch’io. Liberando un lupo, liberiamo noi stessi. Ridiamo respiro alla parte più istintiva e selvaggia del nostro essere. Ho il sospetto che, a spaventarci davvero, non siano le zanne del lupo ma quello che leggiamo nei suoi occhi: l’immagine di un mondo selvaggio e di un’empatia con la natura che noi umani abbiamo dimenticato. Non dovremmo temere il lupo, ma il fatto di esserci allontanati così tanto dal nostro essere lupi.

*Sabato 1 settembre (ore 12.15) al cinema Moderno, nell’ambito della XV edizione del Festival della Mente di Sarzana, l’esperto di educazione ambientale Giuseppe Festa nell’incontro «In viaggio coi lupi» accompagnerà il pubblico in un viaggio alla scoperta della complessa società dei lupi, attraverso racconti, video inediti, letture, musica, per conoscere meglio questi affascinanti animali. A ottobre uscirà per Garzanti il suo ultimo libro, «I figli del bosco».

 

 

IL CALENDARIO

Il Festival della Mente (31 agosto – 2 settembre), primo festival in Europa dedicato alla creatività e alla nascita delle idee, è diretto da Benedetta Marietti e promosso dalla Fondazione Carispezia e dal Comune di Sarzana. Tre giornate, 60 relatori italiani e internazionali e 39 appuntamenti tra conferenze, workshop e spettacoli in cui si indagherà in modo multidisciplinare il tema della comunità.
Il Festival è aperto dalla lezione inaugurale di Andrea Riccardi. Tr a i primi appuntamenti: il 31 agosto Olivia Sellerio canta Montalbano; Diego De Silva, Stefano Giuliano, Aldo Vigorito in «Trio malinconico Unplugged»; Serena Dandini e Michela Murgia in «La comunità delle valorose»; il primo settembre il filosofo Roberto Casati espone «La conoscenza del vento», Ian Goldin professore di globalizzazione e sviluppo all’Università di Oxford, parlerà del «Nostro nuovo Rinascimento»; Federico Condello filologo classico parlerà della trasformazione della nostra educazione in «Scuola comunità giustizia»; il fisico Cristiano Galbiati esporrà «Dark Side» uno dei programmi più avanzati al mondo per la ricerca della materia oscura nei laboratori sotto il Gran Sasso; Maryam Madjidi e Vanna Vannuccini rievocheranno «radici ritrovate»; Massimiliano Valerii direttore generale del Censis esplorerà i miti di oggi; Armando Punzo, regista e drammaturgo della Compagnia della Fortezza composta da detenuti, parlerà di quella «comunità segreta» che sono le carceri . E poi ancora Franco Farinelli presidente dell’associazione dei geografi italiani («Lo spazio, il moderno, la comunità»); Stefano Allievi, professore di sociologia esperto di pluralismo religioso, Mario Cucinella («l’architettura come azione politica»), «Ritorno della comunità?» con il filosofo teoretico Roberto Esposito., Giulia Alonzo con Marco Belpoliti, Adriana Polveroni direttrice di ArtVerona, Oliviero Ponte di Pino, l’alpinista e regista Hervé Barmasse. Il programma prevede sempre una sezione per bambini e ragazzi, realizzato con il contributo di Crédit Agricole Carispezia.

Info: www.festivaldellamente.it