Un coppia di donne che sta per separarsi, Parigi nei sabato dei gilets jaunes di protesta e violenta repressione poliziesca, il desiderio di mettersi in gioco parlando un po’ di sé. Ci sono diverse piste in La fracture, il nuovo fim di Catherine Corsini – era stato presentato in concorso allo scorso festival di Cannes – che esce oggi in sala col titolo: Parigi, tutto in una notte. E una notte è l’unità temporale degli accadimenti nello spazio chiuso di un solo luogo, il pronto soccorso di un ospedale, dove si intrecciano oltre a quella delle due protagoniste altre storie: una trama sociale del presente (e non solo francese) compresa la crisi della sanità pubblica che si manifesta con triste evidenza nelle stanze stipate di pazienti in attesa – otto/dieci ore avverte un cartello – e nell’attività senza fiato del personale medico che cerca di fare quello che può. Hanno dichiarato sciopero ma lavorano lo stesso, perché come dice in risposta a qualcuno Kim – meravigliosa Aïssatou Diallo Sagna, rivelazione di questo film, e infermiera nella vita: «a voi chi vi cura?».

PARLANDO del film con «Le Monde» Corsini, autrice di un cinema francese che predilige la cifra della commedia anche drammatica – di cui ritrova qui i fili dopo il precedente Un amour impossible dal romanzo di Christine Angot- ha detto: «Mio nonno, il padre di mia madre, era un socialista radicale e aveva fatto la sua tesi sulla Comune. La repressione terribile messa in atto da Adolphe Thiers mi è rimasta in testa sin da quando ero ragazzina. I « gilets jaunes » si sono ribellati a un disprezzo di classe, e hanno dato voce a alcune verità. Ho sempre pensato che si deve saper ascoltare i sentimenti di ribellione e di ingiustizia perché raccontano la società. Ho vissuto l’utopia degli anni Settanta, la non-violenza, la libertà, la tolleranza, tutto questo ora appare così lontano! Ci troviamo davanti a una società fratturata, che oscilla tra comunitarismo e individualismi. Come si fa a aggiustare questa frattura? In che modo si possono ritrovare i legami? Credo che si deve cominciare proprio dall’ascolto».
Poco invece ascolta Raf – Valeria Bruni Tedeschi che sostiene con autoironia la parte comica del film – disegnatrice nevrotica che non accetta la separazione decisa dalla sua compagna Julie (Maria Fois). È una delle cose che più le rimprovera quest’ultima inflessibile sulla sua decisione. Raf mentre supplica, promette e le corre dietro sconvolta cade e si rompe malamente il gomito, la ricoverano e finisce nella lunga attesa sdraiata sul lettino alla meglio in mezzo gli altri.
Tra questi c’è Yann(Pio Marmoi), uno dei gilet gialli ferito negli scontri, è un camionista, pieno di rabbia e di dolore, i poliziotti gli hanno maciullato una gamba con la granata. Sia per l’uomo che per la donna la loro condizione significa non poter lavorare – il gomito rotto di lei è il destro, e lui con la gamba piena di schegge non può mettersi in strada – solo che a lui non sono concesse pause né malattia, se non lavora è fuori. E questo non se lo può permettere. Non si tratta però solo di uno scontro tra mondi, due «bobo» parigine che possono buttare un cappotto agnès b. nella spazzatura e un ragazzo che, come dice non ha amori perché vive dalla madre; la narrazione di Corsini costruisce una «radiografia» delle fratture – fisiche, emozionali, della realtà – senza però rinunciare a mezzi del cinema e a una scrittura che mescola umorismo e (auto) ironia. La macchina da presa (la fotografia è di Jeanne Lapoirie) trasforma quel paesaggio «medico» a cui ci hanno abituati anni di serialità reinventandolo nei movimenti lungo i corridoi deserti, tra la folla, sui visi che alternano angoscia, collera, ansia.

ECCO che lì, in quei conflitti, o in quelle «fratture», lo scontro personale, il litigio tra le due donne, fa cortocircuito con quello politico della Francia nel 2018 – le manifestazioni all’Arco di Trionfo, gli assalti dei poliziotti agli ospedali – quasi che per forza o per azzardo, con la realtà che bussa con prepotenza si deve accettare il confronto. Corsini non si sottrae e prova al tempo stesso a spostare un po’ il suo sguardo: cercando una forma che valorizza ciascuna delle storie, si avventura tra le crisi che attraversano il nostro tempo, allora come oggi in una narrazione lieve, attraversata da una leggerezza che si fa empatia.