La chiusura degli account di Donald Trump, decisa dai vertici delle piattaforme digitali di cui il presidente uscente degli Usa era un cliente compulsivo, potrebbe dare una mano alla Ue per mettere in atto le proposte della Commissione per regolare le reti sociali, il Digital Service Act e il Digital Market Act, presentati il 15 dicembre scorso e che devono ancora essere sottoposti al giudizio dei 27 e del Parlamento europeo, mentre le «Gafa» (Google, Amazon, Facebook, Apple ecc) stanno facendo lobby per evitarne l’approvazione. Lo pensano alla Commissione e anche i governi di Francia e Germania. È questo il senso delle reazioni di perplessità che sono venute ieri da Berlino, Parigi e Bruxelles.

Angela Merkel ha giudicato «problematica» la chiusura: «È possibile interferire nella libertà di espressione – ha detto la cancelliera – ma secondo limiti definiti dal legislatore e non dalla decisione di una direzione di impresa». Il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, ha ricordato che «la libertà di espressione è un diritto fondamentale di importanza elementare» e che deve essere «definito il quadro» per esercitarla.

Analoghe reazioni in Francia, dove il portavoce del governo, Gabriel Attal, ha espresso «malessere» rispetto alla chiusura degli account di Trump. «Quello che sciocca – ha precisato il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire – è che sia Twitter a chiudere, la regolazione dei giganti digitali non può essere fatta dall’oligarchia digitale stessa», ma deve dipendere da una scelta del «popolo sovrano, degli stati, della giustizia». Il sottosegretario al digitale, Cédric O, ha sottolineato che il Digital Service Act «getta le basi per una vera supervisione delle reti sociali in materia di moderazione».

Tutta l’opposizione in Francia ha espresso perplessità rispetto alla decisione di Twitter, ma ne ha anche approfittato per criticare il governo, che l’anno scorso ha presentato un testo di legge – la legge Avia – che prevedeva l’obbligo di ritiro dei contenuti di odio entro 24 ore, ma affidava alle piattaforme la valutazione. Per François Ruffin, della France Insoumise, era una forma di «censura privata» e del resto il Consiglio costituzionale ha censurato le legge perché considerata «liberticida».

Per il commissario al Mercato unico, Thierry Breton, che ha presentato i due testi della Commissione assieme a Margrethe Verstager (Concorrenza), con il Digital Service Act, «ciò che è proibito nel mondo reale lo sarà anche nel mondo virtuale». È prevista una regolazione dei contenuti, su razzismo, terrorismo, pedopornografia, vendita di prodotti contraffatti.

La Ue esclude il controllo a monte, cioè resta la non responsabilità delle piattaforme, ma rafforza le procedure di segnalazione e l’obbligo di ritirare rapidamente i contenuti illeciti. Le piattaforme dovranno rendere noti gli algoritmi utilizzati, ci saranno regole più severe per i grossi operatori e multe possibili, fino al 10% del fatturato mondiale, una forma di «mandato d’arresto digitale europeo» per chi non rispetta le regole.