Per i palazzi di Berlino passa una parte significativa del lavoro che riguarda la crisi in Ucraina. Il cancelliere, Olaf Scholz, ha ricevuto ieri i tre capi di governo dei paesi baltici, Estonia, Lettonia, e Lituania, e ha cercato di rassicurarli sull’andamento dei colloqui con la Russia.

«Ci aspettiamo passi chiari, la de-escalation adesso è un obbligo», ha detto Scholz, secondo il quale il Cremlino «non deve sottovalutare la determinazione dell’Europa». Il gruppo ha dato il via libera ai rinforzi della Nato sul cosiddetto “fianco orientale”, rinforzi che la Germania sosterrà nei prossimi giorni con 350 uomini pronti a partire per la vicina Lituania. Sotto il profilo numerico si tratta del secondo impegno per l’esercito tedesco. Il primo è in Mali, in Africa occidentale.

SCHOLZ HA PRESO PARTE ieri anche a un altro vertice con gli sherpa del formato Normandia (Francia, Russia e Ucraina). Sul tavolo gli accordi di Minsk firmati dal quartetto nel 2015. Per quelli passa l’iniziativa che il cancelliere sta conducendo con il presidente francese, Emmanuel Macron.

Gli accordi prevedono uno status speciale per le due regioni ribelli di Donetsk e di Lugansk, nell’est dell’Ucraina. Il governo di Kiev è chiamato a promuovere una riforma costituzionale. Di questo Macron ha discusso martedì con il presidente ucrainose, Volodymyr Zelensky.

A 500 CHILOMETRI di distanza, sul territorio della Bielorussia, sono cominciate esercitazioni militari con trentamila soldati russi. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha affrontato la questione con la collega britannica, Lizz Truss, senza risparmio di ironia. «Vi svelo l’epilogo di tutto questo dramma che l’occidente recitando cerca di farne anche una tragedia, anche se a me sembra sempre più una commedia», ha detto Lavrov:

«Fra un po’ scoprirete che le esercitazioni sono finite e ce ne siamo tornati a casa nostra. Tutti faranno un gran baccano rivendicando il merito della cosa. Venderanno fumo, perché tutti sapevano che sarebbe andata così». Per Lavrov quello con Truss è stato «come un dibattito fra un muto e un sordo, in cui nessuno conosce la lingua dei segni». A confronto anche il breve colloquio telefonico, sempre ieri, con Luigi Di Maio, sembra un successo, nonostante sia terminato con generici appelli alla distensione.

SULL’IPOTESI invasione sembra ormai puntare soltanto il premier britannico, Boris Johnson, che ieri in Polonia è tornato a parlare di «bagno di sangue» in caso di guerra. Nei fatti l’emergenza Ucraina sta lentamente rientrando. Ed emerge di nuovo la vera questione. La Russia vuole dall’Europa un nuovo accordo che regoli truppe e armamenti.

Il tema è centrale per il Cremlino da una quindicina d’anni. Il 10 febbraio del 2007, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Putin ha piantato sul terreno morbido della diplomazia quelli che possono essere considerati i pilastri della politica estera russa.

«Sono convinto – diceva allora – che siamo giunti a quel momento decisivo in cui dobbiamo ripensare seriamente l’architettura della sicurezza globale. E dobbiamo procedere cercando un ragionevole equilibrio tra gli interessi di tutti i partecipanti al dialogo. Soprattutto perché il panorama internazionale è così vario e cambia così rapidamente…Penso che sia ovvio che l’espansione della Nato non ha alcun rapporto con la modernizzazione dell’Alleanza stessa, o con la garanzia della sicurezza in Europa. Al contrario, rappresenta una seria provocazione che riduce il livello di fiducia reciproca. Abbiamo il diritto di chiederci: contro chi è destinata questa espansione? E che fine hanno fatto le rassicurazioni dei nostri partner occidentali dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia? Dove sono oggi quelle dichiarazioni? Nessuno le ricorda». Il discorso di Monaco è fondamentale per i russi.

IN UNA SCENA del documentario che Oliver Stone ha dedicato a Putin, è ripreso negli uffici del Cremlino mentre passeggia. Sono passati esattamente quindici anni. Le stesse identiche parole Putin le sta ripetendo nei colloqui con cui si cerca una soluzione, frettolosa e temporanea, alla crisi in corso.

La sola differenza sul 2007 è che stavolta né Putin, né i suoi rappresentanti, parteciperanno alla conferenza di Monaco. È la prima volta che accade dal 1999. Il terreno della diplomazia diventa sempre più arido.