La Libia conferma di essere un terreno scivoloso anche per Emmanuel Macron. Messo da parte l’europeismo sbandierato in campagna elettorale, ieri il presidente francese ha prima annunciato e poi smentito l’intenzione di voler aprire «entro l’estate» una serie di hotspot nel paese nordafricano nei quali esaminare le richieste di asilo dei migranti, e di volerlo fare «con o senza l’Europa». Come se non bastasse ha poi aggiunto di essere d’accordo con la Germania per «rafforzare Schengen» nel caso la crisi dei migranti dovesse aggravarsi.
Parole quelle sugli hotspot che a palazzo Chigi – dove ancora brucia lo sgarbo per il mancato invito al vertice parigino con il leader libico Fayez al-Serraj e il generale Khalifa Haftar – suonano come l’ennesimo tentativo di scavalcare l’Italia, che invece sulla Libia si muove da mesi in accordo con i partner europei. «Noi abbiamo la nostra agenda, sull’immigrazione e sulla Libia» replica infatti seccamente il premier Gentiloni, che ricorda anche come tra tutti gli Stati europei l’Italia sia quello «più impegnato a promuovere la stabilizzazione» del paese nordafricano». Il ministro degli Esteri Alfano liquida invece le esternazioni del presidente francese come «battute improvvisate».

La reazione del governo italiano non deve però essersi limitata alle sole dichiarazioni, per quanto stizzite. Fatto sta che nel pomeriggio Macron telefona a Gentiloni e in serata da Parigi arriva una smentita che però smentisce solo fino a un certo punto: gli hotspot in Libia si faranno, specifica una nota dell’Eliseo, ma solo quando la sicurezza del Paese sarà garantita.

Il fatto è che con il suo interventismo ieri il presidente francese ha dato uno schiaffo neanche tanto piccolo sia all’Unione europea che all’Italia, e la successiva marcia indietro non lo rende certo meno doloroso. Prova ne sia il silenzio imbarazzato con cui per tutto il giorno la Commissione europea ha evitato di commentare le sue dichiarazioni. Che non avrebbero potuto essere più esplicite di come sono state.

Macron parla durante una visita a un centro rifugiati di Orleans dove annuncia di voler «filtrare» i migranti esaminando le richieste di asilo prima che rischino la vita attraversando il Mediterraneo. «L’idea è di creare degli hotspot in modo da evitare che le persone si assumano folli rischi anche se non sono idonee all’asilo» spiega, aggiungendo che in Libia si trovano «tra gli 800 mila e il milione di migranti in campi e hangar dove le condizione umane sono minime». «Cercheremo di farlo con l’Europa, ma noi, la Francia, lo faremo».

Non finisce qui. Macron parla infatti anche della possibilità di rafforzare Schenen in caso di una ripresa consistente dei flussi di migranti, ipotesi sulla quale sarebbe d’accordo anche la Germania. Un’idea che fa tornare alla mente la proposta avanzata due anni fa, quando la rotta dei Balcani era attraversata da un milione di profughi, di dar vita a una mini-Schengen, vale a dire un gruppo di Paesi all’interno dei quali mantenere la libera circolazione con l’eventuale esclusione di quelli, come Italia e Grecia, maggiormente investiti dal problema. Va ricordato che a novembre scade la proroga alla revoca temporanea di del Trattato concessa da Bruxelles alla Francia. A completare il quadro ci sono poi le dichiarazioni rilasciate a Roma dalla ministra francese per gli Affari europei Nathalie Loiseau, che ha ricordato come la Francia sia favorevole a una revisione del Trattato di Dublino, a patto che lasci ai paesi di primo approdo la responsabilità di esaminare le richieste di asilo dei migranti. Proprio quello che invece l’Italia da anni chiede all’Europa di modificare.

Intanto la missione delle navi militari in Libia comincia a prendere corpo. Oggi il consiglio dei ministri varerà il provvedimento che prevede l’impiego di quattro o cinque navi, altrettanti aerei, droni, forse un sottomarino e alcune centinaia di uomini. Il comando sarà affidato a un ammiraglio a bordo di una delle nuove fregate Fremm di cui la Marina si è dotata da poco. Al ministero della Difesa si sta lavorando alla definizione delle regole di ingaggio, della catena di comando e della sicurezza dei militari. Ma anche sul tipo di trattamento che subiranno i migranti fermati in acque libiche. Il dispositivo sarà poi presentato martedì al parlamento.