Dopo anni di duro lavoro, i ricercatori marini hanno presentato nel 2014 il primo progetto di parco per le isole di Revillagigedo in Messico, note come le Galapagos del Nord America, quattro isole vulcaniche che si trovano a 300 miglia a sud-ovest di Cabo San Lucas, l’estrema propaggine della penisola della Baja California; accettato dal governo, è stato in seguito addirittura inserito dall’UNESCO nell’elenco dei siti da proteggere.

IL 24 NOVEMBRE 2017, IL PRESIDENTE messicano Enrique Pena Nieto ha poi trasformato l’area in un vero parco nazionale, che include 100 km quadrati attorno alle isole, per un’area complessiva di 150.000 km quadrati, a protezione di squali, mante, tartarughe, balene, delfini ed uccelli migratori: la più grande area marina protetta del continente nordamericano. Gli studi che hanno permesso questo incredibile successo per l’ambiente sono stati effettuati fondamentalmente sugli squali, predatori sempre denigrati da Hollywood e dai media, ma in realtà animali molto meno pericolosi di quanto si pensi e necessari per mantenere un ecosistema marino sano.

ALLA FINE DEL 2018 LA MARINA MESSICANA ha deciso infine di organizzare un regolare sistema di pattugliamento della zona con barche e droni, per fare in modo di garantire la protezione del parco, altrimenti preda facile dei cacciatori di frodo. Un grande successo per l’ambiente che viene da un paese povero con grandissime problematiche, segnale sicuro che la sensibilità in tal senso pare aumentare in tutto il mondo. Poco più a nord, invece, la situazione nei ricchi Stati Uniti è opposta. Il braccio legale dell’Earth Island Institute ha infatti promesso di dare battaglia legale all’amministrazione Trump, certamente non nota per i propositi ambientalisti.

Nel dicembre 2017 infatti il ministro degli interni americano Ryan Zinke ha raccomandato che la nuova amministrazione apra alla pesca commerciale una delle aree marine protette più grandi del mondo, quella delle Isole Remote del Pacifico, la PRI. Non sarebbe una novità: Trump ha deciso tempo fa di cancellare una metà del territorio di due parchi dello Utah al fine di consentire ad aziende commerciali l’estrazione di uranio, carbone, petrolio e gas. Il procedimento è stato immediatamente contestato da tribù native americane ed organizzazioni ambientaliste, che hanno portato la causa nei tribunali federali, nei quali è attualmente in discussione.

L’AREA DEL PACIFICO IN CUI È PRESENTE la PRI, si trova indicativamente tra Kiribati e le Hawai ed è vastissima. Parliamo infatti di un’area di circa 1.250.000 km quadrati, nella quale ci sono solo isole disabitate ad eccezione di una piccola base militare. Si tratta quindi dell’ultima zona al mondo rimasta pressoché intatta dalla contaminazione dell’uomo, nella quale abitano specie, soprattutto marine, protette od in via d’estinzione. La PRI venne creata da George W. Bush (notoriamente non un uomo legato alle problematiche ambientali) il 6 gennaio 2009, ed allargata da Barack Obama durante la sua presidenza, che ne comprese l’importanza e la validità.

La decisione del presidente Trump è attesa a brevissimo e consentirebbe la pesca commerciale effettuata con pratiche moderne in tutta l’area, mettendola decisamente in pericolo. Le organizzazioni ambientaliste stanno affilando le armi; si spera in un minimo di buon senso da parte dell’amministrazione americana. Se ci si pensa, è incredibile: il povero Messico si muove alla salvaguardia dell’ambiente marino, mentre i ricchi USA sembrano voler dichiarare guerra ai parchi, marini e non.

QUAL È LA SITUAZIONE DEI PARCHI MARINI in Italia? In realtà migliore di quanto possiamo immaginare. «Le aree naturali marine protette sono istituite ai sensi delle leggi n. 979 del 1982 e n. 394 del 1991 e sono costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono. Possono essere costituiti da un ambiente marino avente rilevante valore storico, archeologico-ambientale e culturale». Questa la definizione del Geoportale nazionale, il punto di accesso nazionale all’informazione ambientale e territoriale. Normalmente i parchi marini vengono divisi in tre aree distinte: la zona A, un’area delimitata in cui è vietata qualsiasi fruizione che non sia a scopi scientifici o di controllo; le zone B e C, nelle quali altre attività, come la balneazione, la subacquea e la pesca con la canna sono consentite generalmente, sia pure con opportune limitazioni, variabili a seconda dei parchi. La gestione delle aree marine protette è affidata ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni ambientaliste riconosciute, anche consorziate tra loro, sotto la supervisione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

AD OGGI IN ITALIA ESISTONO 27 AREE marine protette e due parchi sommersi (Baia e Gaiola in Campania, due magnifiche aree archeologiche ora fruibili da tutti i subacquei o con le barche dal fondo di vetro), per un totale di circa 228.000 ettari di mare e circa 700 km di costa; a questi si aggiunge il Santuario Internazionale dei Mammiferi Marini. Al di là dei numeri, vogliamo riportare un caso concreto: il parco marino di Portofino. Nato il 26 aprile 1999 fra i comuni di Camogli, Santa Margherita e Portofino, viene gestito da un consorzio dei tre comuni oltre alla città di Genova ed alla sua Università. La sua creazione creò scompiglio e tumulti fra i pescatori e gli abitanti dei paesi coinvolti e di quelli vicini: già peschiamo poco pesce e ci create pure problemi? Io non posso più fare quello che voglio nel mare dove hanno lavorato infinite generazioni dei miei avi?

POI COSA SUCCESSE? Lasciato indisturbato, il pesce è ritornato dove mancava. Si è creata una grande industria subacquea dove turisti provenienti da tutta Europa vengono ad immergersi in un ambiente di grande biodiversità con la Pinna Nobilis e cernie enormi, dentici, aragoste, saraghi, murene che nuotano su meravigliosi prati di Poseidonia e magnifiche foreste di gorgonie. Ed i turisti vengono con le famiglie, mangiano, dormono, spendono. Adesso il figlio lavora al diving center, la figlia al ristorante, il pescatore pesca molto più del passato, perché il mare non ha confini e le cernie escono (purtroppo per loro) dall’area parco. E tutti sono contenti.

MA ALLA FINE, A COSA SERVE UN PARCO marino? I parchi marini sono dei luoghi che nascono per la conservazione e la protezione della natura, ma sono anche spettacoli unici, emozioni pure, che tentano di mostrarci quanto potrebbe essere bello il nostro pianeta senza la presenza dell’uomo. Se però vivere in un mondo-parco è ovviamente impossibile, occorre fare in modo che esistano luoghi ancora intatti e siano usufruibili dalle generazioni a venire. In fin dei conti è assolutamente vero il famoso proverbio dei nativi americani: «Non ereditiamo la terra dai nostri avi; la prendiamo in prestito dai nostri figli. Nostro è il dovere di restituirgliela».