Chi ha paura di mettere mano alla legge sui parchi? Noi no. Chi nei parchi vive e lavora, chi si è battuto per la loro istituzione, li anima e li presidia non ha timore di un processo di riforma. È passato un quarto di secolo da quella norma, durante il quale il territorio protetto in Italia è passato dal 3 all’11%.

Soprattutto, è cresciuta anche la funzione dei parchi nella società. Avevamo visto giusto nel chiedere con forza la creazione di un sistema di aree protette per tutelare e creare sviluppo.

Il terremoto ha evidenziato, quanto sia ricca la rete di piccole aziende legate al turismo ambientale e all’enogastronomia di qualità in quelle zone che ricadono in due parchi nazionali, e come la loro sopravvivenza garantisca buona cura e manutenzione dei luoghi. È in questo delicato equilibrio e gioco di rimandi che si esercita al meglio il ruolo del parco: tutelare la bellezza per consentirne buona fruizione che garantisca a sua volta presidio e manutenzione.

Le modifiche apportate in Commissione Ambiente alla normativa sulle aree protette presentano importanti novità e altri punti decisamente critici. Positivo è il Piano Nazionale Triennale per le aree protette finanziato con 10 milioni di euro. Una misura che ripristina un luogo di concertazione fra regioni e governo centrale, di programmazione per tutelare territori e biodiversità a prescindere dal fatto che si tratti di aree protette regionali, cenerentole del sistema, o nazionali. Bene anche il raddoppio degli stanziamenti per le aree marine protette e l’inasprimento delle sanzioni, il divieto di attività di ricerca petrolifera, l’attenzione alla parità di genere nelle nomine e la previsione di una Conferenza Nazionale delle aree protette da tenersi ogni tre anni.

Meno efficaci le modifiche alla governance, che avrebbe potuto liberare gli enti parco da quell’idea per cui sarebbero il luogo ideale per consolare il politico locale deluso da una sconfitta o testare le abilità dell’astro nascente di turno. Qui sta un punto nodale nell’equilibrio mancato tra ente nazionale e protagonismo del territorio: difendere la sacralità del ruolo statale o rafforzare la componente locale nei consigli direttivi senza interrogarsi su un nuovo ruolo del territorio vuol dire negare ai parchi una discussione approfondita e culturale su cosa rappresenti un parco nazionale nel 2017 e su quale debba essere la sua rinnovata missione.

Apprezzabile infine il tentativo, percorso solo in parte, di liberare le aree protette da quell’aura di settarismo che spesso le ammanta. Non è necessario che i direttori delle aree protette siano epigoni di Darwin o di Linneo per assicurare buone politiche di gestione del territorio e di tutela della natura. Ci sono geografi e architetti in grado di dirigere un parco affidandosi alle competenze tecnico scientifiche dei dipendenti o dei funzionari, purché la scelta del direttore venga fatta con percorso trasparente che affidi a una Commissione ministeriale il compito di selezionare pubblicamente le migliori teste, sulla base delle competenze e non delle amicizie locali. In questo i deputati della Commissione Ambiente non sono stati abbastanza coraggiosi.

Ma il coraggio è mancato anche per la scelta del presidente, i cui criteri di selezione appaiono non adeguati e troppo vaghi per un ruolo impegnativo e importante, con il rischio concreto che la norma proposta continui a privilegiare profili più adeguati a criteri politicisti anziché persone scelte in base al merito e alle competenze.

I parchi hanno bisogno di nuove professionalità e di contaminazione con settori contigui e vivaci come quello dell’agricoltura pulita (a quando il 100% biologico?), del turismo ambientale, dell’innovazione tecnologica, della ricerca.

A questi problemi vorremmo che si dessero risposte, ben sapendo che le modifiche normative non sono sufficienti a garantire il successo di politiche di tutela. Se la riforma passerà, ci sarà bisogno di un impegno diffuso e di uno sforzo comune, ben più ampio di quello impiegato dai legislatori, da parte di quanti credono che l’Italia possa rinascere anche dai parchi, la parte buona del nostro Paese.

*presidente nazionale Legambiente