L’idea dei parchi cominciò ad affermarsi in Italia all’inizio del ‘900 sotto la spinta di quel movimento culturale sorto in difesa delle «bellezze naturali», considerato da Luigi Piccioni il primo movimento italiano per la protezione della natura, che si ispirava ai parchi nazionali americani e che portò, a cavallo tra il 1922 e il 1923, all’istituzione dei Parchi nazionali del Gran Paradiso e d’Abruzzo.

Solo però a partire dagli anni ’60 si cominciò a parlare di legge generale e, sulla spinta di alcuni gruppi e di alcuni studiosi e soprattutto di un progetto di Italia Nostra, furono presentate in Parlamento alcune proposte che però non ebbero seguito.

NEL DECENNIO SUCCESSIVO IL DIBATTITO SUI PARCHI si estese a causa di molteplici fattori tra i quali, da un lato, l’accresciuta sensibilità della società nei confronti delle tematiche ambientali e, dall’altro, l’avvio generalizzato dei parchi regionali con l’istituzione delle Regioni a statuto ordinario (1970). A seguito di tale istituzione, però, si aprì un lungo e travagliato conflitto sulle competenze relative ai parchi nazionali su cui finivano per arenarsi le numerose proposte di legge generale (o di legge quadro) presentate in entrambi i rami del Parlamento.

Finalmente – grazie all’iniziativa dei Verdi (in Parlamento nel 1987), che avevano posto la legge tra gli obiettivi prioritari della loro azione, e al credito che alcuni parchi, in particolare il Parco d’Abruzzo, erano riusciti a conquistare, ma anche grazie alla riflessione critica dei «regionalisti» soprattutto all’interno del PCI – venne approvata la legge 6 dicembre 1991, n. 394, Legge quadro sulle aree protette, che resta tuttora la legge fondamentale in materia.

LA LEGGE QUADRO HA AVUTO SUBITO UN IMPATTO straordinario: in soli dieci anni viene prevista l’istituzione di ben venti nuovi parchi nazionali, a fronte dei cinque parchi nazionali storici istituiti nei precedenti settanta anni, e la superficie di territorio italiano complessivamente protetta oltrepassa la fatidica soglia del 10% che rappresentava la sfida lanciata da studiosi e ambientalisti a Camerino nel 1980. Segno evidente della lungimiranza del legislatore e nello stesso tempo della sua capacità di rispondere adeguatamente alle tante aspettative che si erano maturate in quasi un secolo, come dimostra appunto l’attuazione quasi integrale degli articoli 34 e 36 che indicano le aree di reperimento per i parchi nazionali e per le aree marine protette.
L’ultimo elenco ufficiale – che però risale al 2010, a conferma dell’inadeguatezza della passata gestione del Ministero dell’ambiente, e da cui non risulta che alcuni parchi nazionali non sono in grado di funzionare perché non è stato ancora emanato il decreto che li rende operativi – mostra ben 871 aree naturali protette tra cui 25 parchi nazionali, 27 aree marine protette, 147 riserva statali, 134 parchi regionali, 365 riserve regionali.
L’importanza e l’efficacia della legge quadro si colgono sotto molteplici aspetti:

A) PER LA SUA ELASTICITÀ: la legge si intitola legge quadro, ma gran parte del suo contenuto riguarda, da un lato, l’intero patrimonio naturale del paese (vedi in particolare l’articolo 3 sulla Carta della natura) e, dall’altro, la disciplina delle aree protette statali (parchi nazionali, riserve naturali, aree marine protette), mentre i principi ai quali devono conformarsi le regioni nell’istituire e disciplinare le loro aree protette sono fissati in pochi articoli, anche se nella prassi quella disciplina statale ha finito per assumere un ruolo di orientamento anche per le regioni;

B) PER IL VALORE IDEALE DEI CONCETTI in essa contenuti (vedi in particolare gli articoli 1 e 12): in virtù di tale valore i responsabili delle aree protette sono in grado di porsi a un elevato livello di gestione con ricadute straordinarie sul piano socio-culturale e anche si quello economico; di qui i successi, ma anche i tradimenti dovuti a miopi visioni economicistiche;

C) PER LE SOLUZIONI INNOVATIVE INTRODOTTE: si pensi in particolare alla composizione mista del Consiglio direttivo dei parchi nazionali (rappresentanti statali e locali) e al ruolo della Comunità del Parco, anche se la soppressione della componente scientifica (d.p.r. 73/2013) ha prodotto un danno notevolissimo; agli incentivi (art. 7) e alle aree contigue (art. 32), strumenti entrambi di particolare importanza che però hanno avuto finora scarsissima o quasi nulla attuazione; agli abbattimenti selettivi (articoli 11 e 22), che hanno avuto l’indubbio merito di impostare correttamente il grave problema della fauna in eccesso (in particolare dei cinghiali); il coordinamento degli interventi tra Stato, regioni ed enti locali (articolo 26), di cui però non sono state interamente espresse le potenzialità;

D) PER L’EFFICACIA DI IMPORTANTI STRUMENTI come: le misure di salvaguardia (art. 6); il piano territoriale del parco (art. 12), il quale, malgrado sia giunto all’approvazione finale solo in pochissimi parchi nazionali e contenga il rigido criterio della zonizzazione, ha di fatto ottenuto risultati rilevanti per la conservazione delle risorse naturali e paesaggistiche grazie anche al sistema di partecipazione delle collettività locali specificamente previsto; le iniziative per la promozione economica e sociale (art. 14); il nulla osta rilasciato dall’ente gestore dei parchi nazionali (art. 13).