Un vento di panico soffia sui dirigenti europei, riuniti in Consiglio e accolti da uno sciopero seguito dal 90% dei funzionari europei a Bruxelles. I 27 sono sotto pressione di fronte all’esplosione della disoccupazione, 26 milioni senza lavoro nella Ue, tra cui 6 milioni di giovani (che salgono a 7,5 se si calcolano i Neet, cioè chi non va neppure più a scuola, né segue una formazione). Poche ore prima dell’apertura del vertice, è stato annunciato un accordo sul bilancio 2014-2020, ma David Cameron lo sta bloccando, perché non accetta tagli al rebate, la restituzione dei soldi ottenuta da Thatcher. E’ già un “compromesso”, ha ammesso il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, che deve ancora essere approvato da una maggioranza qualificata dei 754 eurodeputati, ha avvertito il presidente dell’Europarlamento Martin Schultz. Per la prima volta il bilancio – di 960 miliardi – è in ribasso. Se sarà approvato, già nel 2014 potranno almeno venire sbloccati 3,6 miliardi sui 6 che saranno destinati alla lotta alla disoccupazione giovanile. Una cifra derisoria, se paragonata ai 700 miliardi che sono stai trovati per salvare le banche. Ma i maghi di Bruxelles rassicurano: grazie alle sottili manovre dell’ingegneria finanziaria, ci sarà la moltiplicazione dei pani e dei pesci e per “l’effetto leva” i 6 miliardi potranno diventare 60 con l’intervento della Bei.

I dirigenti europei aspettano Godot, il cambiamento portato dalla ripresa economica che non arriva. Gli epigoni di Vladimir e Estragon non sanno se lo stanno aspettando nel posto giusto, se per caso non sia già passato. Intanto, Merkel, come Pozzo nella pièce di Beckett, tiene al guinzaglio i vari knouk, che ieri si sono lasciati illudere dall’ultima piroetta della cancelliera. Ieri Merkel, di fronte al Budestag, ha evocato un “fondo per zona euro”, cioè un meccanismo di solidarietà, certo “sottoposto a strette condizioni”, senza precisare meglio questa ipotesi. Maggiori precisazioni potranno essere la sorpresa che Angela Merkel sta preparando per il vertice sul lavoro che si terrà a Berlino il 3 luglio, a cui parteciperà anche Hollande, ieri arrivato al Consiglio in Mercedes. Nel frattempo, non c’è molto da aspettarsi dal vertice in corso, dove tutti sono arrivati pieni di rancore reciproco, impotenti a spiegare dove sono finiti i 120 miliardi del Patto per la crescita sbandierato da François Hollande un anno fa e che sembrano evaporati nel nulla. La Commissione è sul banco degli accusati, sospettata di “immobilismo” da Berlino, considerata “carburante del Fronte nazionale” dal governo francese. Stizzita, ribatte: “ci sono competenze che non sono proprie della Commissione, ma responsabilità degli stati membri. L’occupazione è una di queste. Sono le capitali che possono fare di più su questo fronte, ma da anni guadano altrove, senza fare nulla”. La Commissione preferisce pero’ anch’essa guardare altrove, senza nessun dubbio sulla politica ultra-liberista, che ha trasformato i cittadini europei in semplici consumatori.

Il diktat delle riforme imposte persiste. La Francia contesta l’imposizione di una nuova riforma delle pensioni, che significa solo tagli e allungamento degli anni di lavoro. Merkel ripete come un mantra che l’unica strada è il “ritorno alla competitività”, da raggiungere con i “compiti a casa”.

Alla vigilia del vertice, nella notte tra mercoledi’ e giovedi’, i ministri delle finanze hanno raggiunto un accordo sulla gestione di eventuali fallimenti bancari, che dovrebbe entrare in vigore nel 2018: sul “modello Cipro”, che tanto aveva fatto urlare tre mesi fa, verrà limitato il ricorso ai fondi pubblici (per evitare di aggravare il debito degli stati) e a pagare saranno prima gli azionisti e i creditori “junior” (cioè quelli meno protetti), in seguito i correntisti con più di 100mila euro (c’è la garanzia fino a questa cifra). Il Mes, il fondo di soccorso della zona euro, potrà venire attivato solo in forma indiretta in un primo tempo (cioè sarà lo stato implicato a versare i soldi) e potrà intervenire direttamente solo una volta che tutti gli altri creditori avranno pagato. L’accordo sui fallimenti bancari apre la strada alla futura Unione bancaria, su cui la Germania continua pero’ a frenare.