I Pandora Papers non rappresentano un incidente occasionale. La talpa della cattiva finanza continua a scavare tutti i giorni.

Bisogna rivolgersi con attenzione alla stampa per seguire almeno alcune delle sue tracce. Confondez l’infame le plus que vous pourrez, contrastate il più possibile l’infame, raccomandava Voltaire ai suoi amici ed alla fine i loro sforzi sono stati coronati dal successo oltre le loro aspettative, con il crollo dell’Ancien Régime anche grazie al loro contributo.

Ma la finanza è un nemico insidioso e tenace e a combatterlo non ci sono grandi forze; anche un Voltaire redivivo potrebbe probabilmente poco.

Alcuni episodi venuti alla luce di recente testimoniano di una continuità di comportamenti.

L’ex Vicepresidente degli Stati Uniti, Al Gore, in un’intervista al Financial Times del 23 ottobre, sottolinea come il sistema finanziario andrebbe profondamente riformato, dal momento che esso facilita le sconsiderate emissioni nocive che minacciano di trasformare l’atmosfera in una discarica. Viene, tra l’altro, ricordato come le istituzioni finanziarie, nei cinque anni successivi agli accordi di Parigi, abbiano fornito 119 miliardi di dollari a 20 imprese dell’agrobusiness legate alla deforestazione in Brasile, in Africa e altrove.

Intanto siamo anche informati da altre fonti che, sempre dopo Parigi, le sole banche francesi hanno aumentato i loro finanziamenti al settore delle energie fossili dai 146 miliardi di euro del 2015 ai 174 miliardi nel 2020; un gruppo di economisti valuta poi in 3.260 miliardi di dollari quelli forniti alle fonti fossili nello stesso periodo dalle banche di tutto il mondo.

Su tutto un altro piano, e siamo al limite dell’incredibile, il quotidiano Les Echos del 20 ottobre riferisce come esista un fondo di investimento di proprietà della Cia, l’In-Q-Tel. Tale società, con la scusa di lottare contro la minaccia cinese, è ormai presente nel capitale di una quindicina di start-up europee nei settori delle alte tecnologie, impossessandosi così di molto del nuovo know-how del continente.

L’ente spionistico è entrato in società inglesi, spagnole, tedesche, svedesi, ma in nessuna azienda italiana: sul fronte tecnologico non siamo degni di attenzione e neanche Draghi è riuscito a fare il miracolo. Try harder, impegnati di più.

Da segnalare ovviamente come i governi europei accettino tranquillamente lo scempio e come la notizia non abbia avuto una grande circolazione.

Un altro fatto è stato riportato di recente anche dalla stampa italiana.

Pochi ricorderanno che nel 2018 un gruppo di giornalisti investigativi, guidati dal sito tedesco Correctiv, aveva scoperto una grande truffa fiscale ai danni di diversi Stati, in particolare europei. In tali Stati tutti i possessori stranieri di titoli azionari di imprese quotate in Borsa nel paese devono pagare una tassa sui dividendi percepiti ogni anno. Ma si scoprì che bastava sbarazzarsi delle azioni qualche giorno prima che scattasse la tassa, affidandole per un breve periodo di tempo ad una qualche banca complice dello stesso paese e il gioco era fatto.

Nel 2018 si stimava che la truffa avesse fruttato in pochi anni la somma di 55 miliardi di euro. Ma essa è continuata in maniera più sofisticata anche dopo la scoperta del raggiro e delle finte leggi varate per bloccare il fenomeno; ora una nuova equipe giornalistica guidata da Le Monde, che ne riferisce nel suo numero del 22 ottobre, ha scoperto che nel periodo 2000-2020 essa ha fruttato agli evasori 140 miliardi di euro.

Da tempo in Francia, il paese più toccato, è in atto un’inchiesta della magistratura che coinvolge quattro grandi banche, ma i suoi lavori durano dal 2017 e sono piuttosto complessi. Il fatto è che la cosa probabilmente è perfettamente legale. Il Sole 24 Ore ci informa che le perdite del fisco italiano ammontano a 13 miliardi.

Le Monde del 27 ottobre riferisce ancora che negli ultimi anni le emissioni sui mercati internazionali di pretesi titoli della “finanza verde” (che, in teoria almeno, rispettano cioè i criteri ambientali, sociali e di governance) sono fortemente aumentati; ma sottolinea anche che nella UE le società petrolifere e minerarie, tra le più nefaste a livello di emissioni inquinanti, sono titolari del 43% di tali collocamenti, mentre le imprese giudicate pulite lo sono solo per il 7% del totale.

Infine una notizia curiosa ancora dal mondo degli scandali bancari, riferita di nuovo da Les Echos del 25 ottobre. Veniamo informati che dal 2012 ad oggi la sola SEC, l’ente Usa di controllo della Borsa, ha versato ben 1,1 miliardi di dollari di premi a 286 dirigenti aziendali per le rivelazioni da loro fatte e relative a scandali finanziari che si erano svolti nelle loro imprese.

Le occasioni per far soldi nel settore non mancano di certo. Immutabile finanza.