Ricostruire una biografia intellettuale implica l’indagare non solo sul protagonista ma anche e soprattutto sui tempi che lo hanno accompagnato, dei quali è stato narratore e, a volte, anche e soprattutto diagnosta. Poiché del passato sappiamo soprattutto per il racconto che ne è stato fatto dai suoi protagonisti e, con esso, delle categorie che ne sono derivate fino a noi.

LA VITA DI GIORGIO GALLI, politologo e storico, spentosi pochi mesi fa all’età di novantadue anni, è stata dedicata all’analisi e alla comprensione della sua epoca, dagli anni del boom economico in poi. Le sue categorie interpretative, a partire dalla formula del bipartitismo imperfetto, utilizzata per descrivere potenzialità e vincoli del sistema politico italiano, hanno raccolto una grande eco, durante ma anche dopo gli anni che si sono incaricate di descrivere.

L’ultima opera di Galli, L’anticapitalismo imperfetto (Kaos Edizioni, pp. 201, euro 17) vuole quindi essere una riflessione – nell’età del mutamento da una società industriale ad una digitale e nel pieno dei fenomeni legati alla pandemia – sulla difficoltà di dare corso ad un processo di organizzazione economica e sociale alternativa a quella esistente.

Al medesimo tempo, tuttavia, l’autore identifica come elemento di rilievo la potenza descrittiva e analitica dell’ampia e robustissima vulgata critica allo stato di cose e ai rapporti di forza vigenti. All’interno di un processo quasi labirintico, attraverso una massa corposa di riferimenti bibliografici e documentali, il libro cerca quindi di rendere conto sia del lungo lavoro di lettura delle trasformazioni del sistema di produzione dominante, attraverso due secoli di analisi, sia della capacità che quest’ultimo rivela nell’adattarsi ai mutamenti delle società, risolvendosi in un fenomeno epocale, capace di fare fronte a crisi da esso stesso prodotte ma i cui effetti vengono riversati sulle collettività.

IL FUOCO DEL LAVORO di Galli sono pertanto le condizioni e i criteri con i quali opera il capitalismo globalizzato delle multinazionali nel terzo millennio. Da un lato, identifica i limiti delle sue interpretazioni e, con essi, della possibilità di svolgere un lavoro intellettuale e politico che non si riduca al solo prendere atto della sua apparente inesorabilità. Dall’altro, si interroga su quali possano essere le alternative, prima di tutto culturali. Le quali riguardano essenzialmente quei paradigmi interpretativi la cui revisione è indispensabile per dare seguito a percorsi di trasformazione consapevole, dove la comunità umana torni ad essere un soggetto attivo. Il filo del discorso sotteso alla riflessione dell’autore è il rapporto tra l’apparente oggettività del regime di relazioni economiche dominanti e la sua intrinseca temporaneità, ovvero l’essere il prodotto di un sistema di convenzioni sociali e di scambi che non hanno nessun fondamento naturale bensì un robustissimo ancoraggio sociale.

Anche per questo il libro, scritto poco prima della sua morte, costituisce una riflessione intellettuale dai tratti fortemente problematizzanti rispetto alle scienze sociali di cui Galli è stato uno degli esponenti più significativi per tutta la seconda metà del Novecento italiano come anche successivamente. In molti passaggi del testo l’enorme erudizione dell’autore emerge con una potenza ai limiti dello spiazzante, invitando il lettore ad ingaggiare un vero e proprio corpo a corpo con testi e letture, dati ed interpretazioni, immagini di merito e ricostruzioni di contesto.

ALL’ANTICAPITALISMO di sinistra, soprattutto di origine marxista, sono affiancati elementi di analisi critica delle letture polemiche operate dalla destra «rivoluzionaria» nei due secoli trascorsi. La linea di divisione è la presenza o meno di una teoria dello sfruttamento del lavoro e dell’accumulazione del capitale. Nel caso delle seconde, l’approccio è rivolto esclusivamente alla critica moralistica delle basi della società borghese, tuttavia in assenza di qualsiasi attenzione per gli elementi di sistema legati alla creazione di plusvalore. Di fatto ciò ne inficia qualsiasi spendibilità all’interno di un concreto progetto politico di effettiva trasformazione dell’esistente.

Galli da sempre è comunque attento, oltre alla centralità dei processi produttivi, anche alla rilevanza di quelli riproduttivi, legati quindi alla sfera simbolica ed espressiva. Il libro recupera indicazioni e suggestioni già elaborate in precedenza, cercando di definire quali siano le linee di evoluzione non solo della società capitalistica mondiale, caratterizzata da una forte concentrazione di ricchezze e da crescenti disparità, ma anche da una potente capacità di rigenerazione delle matrici della propria auto-legittimazione.