«Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale». Papa Francesco non è andato in Madagascar solo per piantare un albero di baobab insieme al giovane presidente Andry Rajoelina – che i malgasci chiamano confidenzialmente «Tgv» come il treno francese ad alta velocità.

BERGOGLIO HA INCONTRATO, negli ultimi due giorni ad Antananarivo – prima della messa solenne di oggi – le autorità, i vescovi e i rappresentanti della società civile di quello che è il Paese più povero del mondo nella classifica stilata dalla Banca mondiale, dove il 75% della popolazione vive con meno di un euro al giorno, dove ci sono bambine vendute per un dollaro sera nei circuiti del turismo sessuale.

Un Paese di 27 milioni di abitanti che a causa di carestie e alluvioni dovute al riscaldamento climatico in dieci anni ha visto crescere le persone, i bambini soprattutto, denutrite di quasi 4 milioni. Una delle grandi riserve di biodiversità vegetale e animale che più rischia la devastazione tra deforestazione, incendi, esportazione illegale di minerali e legni preziosi.

Francesco ha affondato la mano – certamente misericordiosa, ma in questo caso politica – nella ferita. Partendo dall’enciclica Laudato Sì, si è spinto oltre, mettendo direttamente in relazione la battaglia per la difesa delle riserve naturali della Terra con quelle per una diversa redistribuzione delle ricchezze.

«Non può esserci – sono le sue parole riportate dall’agenzia ufficiale vaticana Sir – non può esserci un vero approccio ecologico né una concreta azione di tutela dell’ambiente senza una giustizia sociale che garantisca il diritto alla destinazione comune dei beni della terra alle generazioni attuali ma anche a quelle future».

Parlando di «casa comune» da preservare ai politici locali – ma il messaggio era chiaramente lanciato a livello internazionale, in un chiaro dialogo con le mobilitazioni dei giovani per il clima – li ha invitati a ricercare «soluzioni integrate, che considerino le interazioni dei sistemi naturali con i sistemi sociali».

L’esempio della «vostra bella isola del Madagascar» – per usare sempre le parole papali – è emblematico: «la biodiversità è mesa a rischio a causa del bracconaggio e delle esportazioni illegali». E molte delle «attività che danneggiano l’ambiente sono quelle che assicurano la sopravvivenza», perciò si devono «creare occupazioni e attività generatrici di reddito che siano rispettose dell’ambiente e aiutino le persone a uscire dalla povertà».

ISOLA VERDE: un tempo veniva chiamata anche così il Madagascar. Ma negli ultimi 60 anni, a forza di tagli indiscriminati delle aree forestali alla ricerca di legno di rosa o ebano, metà del territorio, nella parte centrale e meridionale, dell’isola è praticamente desertificato.

L’export illegale di legni pregiati destinati ai parquet e all’industria del lusso occidentale e ora anche orientale, non è praticato però solo dalle comunità rurali. I «pochi» che se ne arricchiscono, citati dal pontefice, sono soprattutto gli importatori stranieri, europei, americani e cinesi, a volte anche estrattori, oltre ai non pochi funzionari statali compiacenti. Non a caso il papa ha puntato il dito contro la «corruzione», assai diffusa.

«LA GENTE AD ANTANANARIVO è felice per la visita papale e soprattutto per il discorso che ha fatto coniugando lotta alla povertà e per le risorse che sono l’acqua, la terra, gli alberi, il mare – ci dice la biologa Daniela Antonacci che lì segue un progetto internazionale per la riforestazione – e perché proteggere l’ambiente non vuol dire arrestare lo sviluppo, che qui è essenziale. Quello che ancora manca è una vera regolamentazione delle attività estrattive e di utilizzo delle risorse, anche minerarie. Fortunatamente il nuovo presidente sembra più disponibile a un dialogo con la società civile e per progetti di educazione e di sviluppo delle capacità di autogoverno locale, ma c’è ancora molto da fare».

Marco Sassi, presidente del coordinamento volontari italiani in Madagascar, sottolinea come il Madagascar tra tanti record negativi sia anche il Paese al mondo con il più basso tasso di aiuti internazionali pro capite. «E l’Italia – ci dice – quasi non esiste, è agli ultimi posti».