Porti chiusi alle navi che salvano vite umane nel Mediterraneo. Porti spalancati alle navi che invece caricano armi per le guerre in Africa e Medio Oriente, da dove proviene la maggior parte dei migranti.

È questa, secondo papa Francesco, la contraddizione, anzi «l’ipocrisia», dell’Europa che parla di pace mentre produce e vende armamenti e respinge coloro che da quei conflitti fuggono.

LE PAROLE sono state pronunciate ieri mattina dal pontefice durante l’udienza in Vaticano ai partecipanti alla Roaco, la riunione delle opere di aiuto alle Chiese orientali, durante la quale ha anche annunciato che nel corso del 2020 si recherà in Iraq.

«Gridano le persone in fuga ammassate sulle navi, in cerca di speranza, non sapendo quali porti potranno accoglierli, nell’Europa che però apre i porti alle imbarcazioni che devono caricare sofisticati e costosi armamenti, capaci di produrre devastazioni che non risparmiano nemmeno i bambini», ha detto Francesco.

[do action=”citazione”]«Questa ipocrisia è un peccato», ha aggiunto il papa, e prima o poi «l’ira di Dio si scatenerà contro i responsabili dei Paesi che parlano di pace e vendono le armi per fare queste guerre».[/do]

Parole mirate, dal momento che proprio nelle scorse settimane, alla fine di maggio, nell’Italia dei «porti chiusi» ai migranti – come continua a sbraitare il vicepremier ministro dell’Intero Matteo Salvini – sono transitate, provenienti da Belgio e Francia, due navi battenti bandiera dell’Arabia Saudita, per fare rifornimento di armamenti per la guerra in Yemen.

La prima, la «Bahri Yanbu», a Genova, è stata respinta dalle proteste dei camalli e delle associazioni pacifiste. La seconda invece, la «Bahri Tabuk», arrivata all’alba e di nascosto a Cagliari, probabilmente è riuscita a caricare armi, forse le bombe prodotte dalla Rwm di Domusnovas.

SALVINI, dal canto suo, che evidentemente si è sentito chiamato in causa dalle parole del papa – il quale, ovviamente, non lo ha nemmeno nominato -, si è affrettato a replicare al pontefice, dal quartier generale di via Bellerio. «Ancora oggi c’è stata un’esortazione del santo padre a salvare vite: noi questo stiamo facendo», ha detto in conferenza stampa, snocciolando i numeri dei migranti respinti e morti in mare e aggiungendo: «Qualunque nave pirata illegale abusiva o fiancheggiatrice degli scafisti, che si ritrovasse a operare nelle acque libiche, incentiva nuove partenze ed è complice di nuovi morti e nuovi dispersi». Quindi sarà respinta.

«CI SI PUÒ ASPETTARE che il papa dica no alle armi», commenta Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo, che però evidenzia i punti politici delle parole del pontefice: «Non è un richiamo generico del genere peace and love. I produttori di armi vengono individuati come precisi corresponsabili delle guerre, e i governi sono invitati ad intervenire per fermare il commercio degli armamenti». Per esempio chiudendo i porti non ai migranti ma ai cargo che caricano materiale bellico.

E monsignor Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura e presidente di Pax Christi: «Il papa ha toccato un nodo decisivo: si chiudono i porti ai migranti che cercano un futuro diverso e invece si aprono per incassare i soldi della vendita delle armi e addirittura si addobbano trionfalisticamente per inaugurare la nuova portaerei «Trieste» (a Castellammare di Stabia lo scorso 25 maggio, n.d.r.) costata oltre un miliardo di euro e che potrà ospitare anche i cacciabombardieri F-35. Su queste contraddizioni non possiamo e non dobbiamo tacere».