«Illegali, immorali, illogiche: vanno abolite». Sono le armi nucleari secondo papa Francesco, i premi Nobel per la pace e gli esponenti delle associazioni pacifiste, riuniti ieri e oggi in Vaticano per il simposio internazionale «Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale».

Un appuntamento inedito per la Santa sede – è la prima volta che si parla di disarmo nei sacri palazzi insieme a molti soggetti della società civile anche esterni al mondo cattolico –, promosso dal Dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale, che incidentalmente capita nel mezzo delle tensioni fra Corea del Nord e Usa.

Ma non è un’azione di mediazione del Vaticano fra Pyongyang e Washington, anche se il card. Peter Turkson, prefetto del Dicastero per lo sviluppo umano integrale, non la esclude: «Stiamo parlando con alcuni membri della Conferenza episcopale coreana (del Sud) per vedere come si può entrare in contatto con il regime della Corea del Nord. Non so se ci riusciremo, ma ci stiamo provando», ha rivelato aprendo i lavori del simposio.

L’iniziativa di questi giorni parte da lontano. Da quando all’Onu, nella scorsa primavera, si sono aperti i negoziati per il Trattato sul divieto delle armi nucleari, poi adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 7 luglio, con il voto favorevole di 122 Paesi, fra i quali non c’è l’Italia né gli altri aderenti alla Nato, la cui vice-segretaria generale, Rose Gottemoeller, partecipa al convegno in Vaticano.

«Perché l’Italia non ha firmato? Forse perché fa parte della Nato?», ha chiesto provocatoriamente mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e già presidente di Pax Christi.

Ieri c’è stato l’intervento di papa Francesco, che ha ricevuto in udienza i 350 partecipanti al simposio e ha pronunciato un denso discorso a favore del disarmo, con barlumi di speranza, ma intriso di «un fosco pessimismo», dal momento che «le prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale appaiono sempre più remote».

«La spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta – ha detto il papa – E i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazioni, al punto da dover mettere in secondo piano le priorità reali dell’umanità sofferente: la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani».

Pessimismo che diventa «inquietudine» se si considerano «le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari» e i rischi «di una detonazione accidentale».

La condanna delle armi da parte del pontefice è netta: sia della «minaccia del loro uso», sia del semplice «possesso», «la loro esistenza è funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano.

«Le relazioni internazionali – ha aggiunto – non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici. Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana».

In questo senso le vittime – sono presenti alcuni hibakusha, le persone colpite dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki – rappresentano «voci profetiche», di «monito soprattutto per le nuove generazioni!».

Ma «gli armamenti che hanno come effetto la distruzione del genere umano sono persino illogici sul piano militare», ha ammonito Francesco, facendo tornare alla mente le parole della Pacem in Terris di Giovanni XXIII (la guerra «alienum a ratione», estranea alla ragione), che però egli stesso ha consentito fosse recentemente nominato santo patrono dell’Esercito italiano: contraddizioni di un pontificato non facile da decifrare.

Nel fallimento nel diritto internazionale (incapace di impedire «che nuovi Stati si aggiungessero alla cerchia dei possessori di armi atomiche»), le uniche «luci di speranza» sembrano allora essere rappresentate dalla firma del Trattato Onu che «ha stabilito che le armi nucleari non sono solamente immorali ma devono anche considerarsi un illegittimo strumento di guerra».

«È stato così colmato – ha sottolineato papa Francesco – un vuoto giuridico importante, giacché le armi chimiche, quelle biologiche, le mine antiuomo e le bombe a grappolo sono tutti armamenti espressamente proibiti attraverso Convenzioni internazionali».

Un piccolo segnale ma importante secondo il pontefice, che «può rendere attuabile l’utopia di un mondo privo di micidiali strumenti di offesa, nonostante la critica di coloro che ritengono idealistici i processi di smantellamento degli arsenali».

I lavori sono andati avanti tutto il giorno. Fra gli altri sono intervenuti Muhammad Yunus (fondatore della Grameen Bank), che ha sottolineato come occorra rimuovere le «cause strutturali della povertà» e come gli armamenti siano una di queste cause strutturali; Jody Williams (presidente del Nobel women’s initiative), «indignata di fronte alle enormi spese militari e per gli armamenti».

E ancora, Adolfo Pérez Esquivel, che ha parlato del «dialogo tra i popoli e delle prospettive per il disarmo»; Beatrice Fihn, direttrice esecutiva della Campagna internazionale per la messa al bando delle armi nucleari (Ican), che ha spiegato come si è giunti all’adozione del Trattato e le prospettive future.

E cinque premi Nobel per la pace (El Baradei, Maguire, Pérez Esquivel, Williams e Yunus) hanno redatto e consegnato al papa un documento in cui auspicano che sia «il lavoro coordinato della società civile, delle comunità religiose, delle organizzazioni internazionali ad aprire la strada affinché gli Stati abbandonino queste armi, capaci nello spazio di un attimo di far scomparire la vita».

«L’unico modo di garantire la pace mondiale e di prevenire la diffusione delle armi nucleari è abolirle – concludono – Non sarà facile, ma è possibile».