La sete di potere e di soldi è la malattia della Chiesa, dei cristiani e, più in generale, degli esseri umani. Nella quotidiana messa mattutina a casa Santa Marta, ieri papa Francesco è tornato a parlare della «tentazione mondana del potere» e a bacchettare gli «arrampicatori» sociali ed ecclesiali, come aveva fatto anche due giorni fa, aprendo i lavori della 69esima Assemblea generale della Cei.

Lo spunto per la breve omelia sul potere gli è stata fornita dalla lettura del Vangelo del giorno, in cui è scritto che gli apostoli discutevano fra loro su «chi fosse il più grande». «Parlano un linguaggio da arrampicatori: chi andrà più in alto nel potere?». Ma questa, ha spiegato Francesco, «è una storia che accade ogni giorno nella Chiesa: da noi chi è il più grande, chi comanda? Le ambizioni. C’è sempre questa voglia di arrampicarsi, di avere il potere».

Dopo oltre tre anni di pontificato, all’interno dell’ultima corte rinascimentale sopravvissuta in Europa, il papa parla per esperienza. «La vanità, il potere, la voglia mondana non di servire ma di essere servito, le chiacchiere, sporcare gli altri… L’invidia e le gelosie fanno questa strada e distruggono. Questo accade oggi in ogni istituzione della Chiesa: parrocchie, collegi, anche nei vescovadi». «Ci farà bene – ha concluso – pensare alle tante volte che abbiamo visto questo nella Chiesa e alle tante volte che noi abbiamo fatto questo».

La prima puntata c’era stata lunedì, quando papa Francesco, parlando ai 235 vescovi italiani riuniti in Vaticano per la loro assemblea sul tema del «rinnovamento del clero», aveva tracciato una sorta di identikit del prete: dia alle fiamme «ambizioni di carriera e di potere», non sia «un burocrate o un anonimo funzionario dell’istituzione», perché «non è consacrato a un ruolo impiegatizio, né è mosso dai criteri dell’efficienza». S

embra risuonare, ma Francesco non lo ha citato, il titolo di un libro di Eugen Drewermann, teologo e psicoanalista tedesco – prete per oltre 30 anni, nel 2005 lasciò la Chiesa cattolica -, Funzionari di Dio. Il papa ha nominato però un vescovo in passato poco popolare in Vaticano, per la sua scelta di povertà assoluta e la sua vicinanza alla teologia della liberazione, il brasiliano dom Hélder Câmara: «Quando il tuo battello comincerà a mettere radici nell’immobilità del molo, prendi il largo!». Un invito ai preti a condurre uno «stile di vita semplice ed essenziale», e alla Chiesa a non restare incollata alle proprie sicurezze e a riflettere sulla «gestione delle strutture e dei beni economici». «In una visione evangelica – ha detto Francesco -, evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione», «mantenete soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio».

Nei prossimi giorni – l’assemblea della Cei finirà giovedì – i vescovi parleranno anche della ripartizione del miliardo di euro dell’otto per mille. Si vedrà l’effetto dell’appello di papa Francesco.