Un occhio alla rete, uno alla piazza. A Rimini si apre «Italia a 5 Stelle», la grande distesa accanto alla Fiera è trasformata per tre giorni nella mostra campionaria grillina. Ma occorre lo sguardo sbilenco per cogliere gli eventi che si succedono. Oggi arriverà l’incoronazione annunciatissima di Luigi Di Maio. «Le decisioni le prenderanno sempre gli iscritti ma è importante che ci sia un ragazzo di trent’anni che, se eletto, andrà a parlare con i capi di Stato. Io comunque ci sono, sono il papà e il fondatore», benedice Beppe Grillo.

IL CONVITATO DI PIETRA, Roberto Fico, non dovrebbe parlare dal grande palco. La notizia della sua esclusione corre a mezza bocca, viene scansata dai commenti davanti ai microfoni. Si accompagna alle prime comunicazioni sulle primarie online ospitate dalla piattaforma Rousseau. Ed ecco la rete. Si sarebbero verificati ancora tentativi di attacchi hacker ma, dicono con sicumera, «la nostra casa è stata difesa come una fortezza». In rete girano parecchi dubbi. «Le password cifrate in Data encryption standard di Rousseau sono una barzelletta tra noi informatici – ci spiega lo smanettone Miwiu – È un algoritmo che non si usa più da 20 anni, già tempo fa si crackava senza problemi». Il che rafforzerebbe l’idea che Rousseau non appare come una corazzata. Ad ogni modo, le dinamiche opache che circondano il «sistema operativo» di Davide Casaleggio rendono difficile dire se la doppia procrastinazione della chiusura delle urne digitali sia dovuta davvero all’eccessivo affollamento (preso atto che la base è di 140 mila iscritti) oppure ad una scappatoia dettata dalla necessità di far lievitare il numero di votanti fino alla soglia minima della maggioranza degli aventi diritto.

DAL M5S ESULTANO, non forniscono numeri ma vantano una percentuale «tra le migliori di sempre». Il che non è di per sé rassicurante: di solito alle votazioni elettroniche del M5S partecipa una minoranza sparuta. Questa è l’altra anomalia che si dipana attorno al Villaggio Rousseau e infila uno stand per ogni forma di rappresentanza istituzionale conquistata in questi 5 incredibili anni: i due tendoni di parlamentari e deputati europei, gli spazi per i consiglieri regionali, le delegazioni dei comuni. Riguarda, questa anomalia, la proliferazione di spettatori più che di militanti.
«Keep calm e andiamo a governare», c’è scritto su una delle magliette più gettonate. Eppure, l’evento pensato per traghettare il M5S nella fase della campagna elettorale mette in scena ancora una volta la difficoltà dei grillini a mobilitarsi. Accanto alla endemica astensione, va registrata la difficoltà nel raccogliere i fondi destinati all’organizzazione dell’evento. Così, quando un grillino chiede fiducioso al barista dove gettare «l’umido» e incontra uno sguardo smarrito capisci che quest’anno, dopo tre edizioni, gli stand gastronomici sono appaltati ad un grande catering e non gestiti da volontari. Forse è questa specie di anemia partecipativa, più della febbrile nomina del «capo politico» Di Maio, la vera malattia che affligge il grillismo. Si tratta di una malattia che per certi versi è senile: chi partecipa a questo genere di raduni, al contrario del corpo elettorale pentastellato, appartiene soprattutto ad una fascia d’età alta. È impossibile non notare che la maggior parte dei convenuti, qui sulla costa adriatica, ha i capelli bianchi, scruta il cellulare inforcando occhiali bifocali, cerca volti noti ai quali strappare un selfie e a una certa ora appoggia maglioncini sulle spalle per evitare malanni reumatici. Sono quelli che ancora guardano massicce dosi di tv generalista, li senti dibattere delle prestazioni dei portavoce grillini nei talkshow: apprezzatissimi, inutile dirlo, Di Maio e Di Battista, in risalita Danilo Toninelli. «Ogni volta gli fanno un interrogatorio!», dice la signora Gina con fare materno.

POI CI SONO GLI STAND dei comuni a 5 Stelle. Le sindache di Roma e Torino solo un anno fa, al raduno di Palermo, erano sulla cresta dell’onda. Adesso sono alle prese con le beghe delle loro città. Virginia Raggi raccoglie la freddezza dei vertici, dopo qualche titubanza dovrebbe esserci ma parlerà solo domenica mattina assieme agli altri amministratori. Per adesso si intravedono solo i suoi consiglieri. Ci sarà pure Chiara Appendino, che in questi giorni ha confermato la sua linea molto istituzionale, aderendo all’appello degli imprenditori in difesa del G7 «minacciato dalle proteste». Sarà un caso, ma la targhetta che indica lo spazio (deserto) dedicato al comune di Bagheria, dopo i guai giudiziari degli ultimi giorni giace a faccia in giù, riversa sul tavolino di plastica. I vicini di stand che governano a Noicattaro, in provincia di Bari, fanno i vaghi.

L’INVENZIONE DI UN POPOLO necessita della fondazione di un folklore: l’area ludica ospita il percorso a ostacoli: al posto della corsa coi sacchi e del tiro alla fune qui bisogna scalare la parete del debito pubblico, cavalcare l’impetuoso toro dell’onestà, abbattere i barattoli di privilegi e vitalizi e camminare bendati (fidandosi ciecamente del prossimo) lungo il percorso della trasparenza.

SUL GRANDE PALCO si riscalda Gianluigi Paragone ex leghista convertitosi al giornalismo gentista con La Gabbia: gli viene addirittura affidata l’apertura dei 3 giorni, supportato dalla sua band, gli Skassakasta.
Da dietro le quinte sbuca Barbara Lezzi, parlamentare vicina a Di Maio. Spiega: «Finalmente abbiamo un programma e domani annunceremo il nostro candidato». Si avvicina un signore ultrasessantenne e le fa: « Non so sei più brava o più bella». Ai banchetti del merchandising ufficiale, fa bella mostra una sciarpa per ultras grillini. Porta la data del raduno di Rimini e la scritta: «Movimento 5 Stelle e poche pugnette».