È morto ieri a 70 anni nella sua casa napoletana, Paolo Isotta, musicista colto e critico severo ma appassionato nei giudizi. Per oltre trent’anni ha scritto di musica classica sulle pagine del Corsera, una collaborazione interrotta nel 2015. Due anni prima in un articolo aveva criticato duramente Daniel Harding e, indirettamente, Claudio Abbado, provocando la reazione di Stéphane Lissner, sovrintendente del Teatro alla Scala di Milano, che lo bollò come «persona non gradita». Studente di giurisprudenza all’universita di Napoli Federico II, dopo gli studi di pianoforte con Vincenzo Vitale e composizione con Renato Parodi e Renato Dionisi, nel 1971 ebbe una cattedra come professore straordinario al Conservatorio Francesco Cilea di Reggio Calabria. Il suo debutto come critico musicale avvenne sulle colonne del Giornale nel 1974. Nel suo curriculum un gran numero di saggi di storia della musica e di musicologia.
Del 1974 è il libro I diamanti della corona, il primo dedicato alle opere di Gioacchino Rossini, del 1983 Il ventriloquo di Dio, sull’influenza della musica in Thomas Mann. L’ultima sua opera – nel 2020 – è il monumentale (672 pagine) Verdi a Parigi (Marsilio).