Aveva detto che al dodicesimo congresso dei Radicali italiani non ci sarebbe nemmeno andato. E invece c’è andato e, in pieno stile Pannella, anzi ne ha bombardato il quartiere generale. L’anziano leader radicale ieri ha convocato una conferenza stampa nell’atrio del centro congressi Excelsior (dove si svolgono le assise) e ha dichiarato «illegittimi» i lavori. Il «cosiddetto congresso», ha tuonato, «è la raffigurazione del nulla», «un’indecenza», i dirigenti – leggasi il segretario uscente Mario Staderini, il tesoriere Michele De Lucia e il presidente Silvio Viale – «non hanno relazionato di nulla in termini di proposta politica», solo «il tanfo del chiuso».

Neanche l’arrivo della ministra Anna Maria Cancellieri (che i radicali difendono senza se e senza ma) è riuscito a nascondere la notizia: c’è grande tormento a casa radicale. Pannella lo nega con una profezia che suona come un malaugurio: «Almeno cinque volte i giornali hanno scritto che ci dividevamo ma dei divisi non si ricorda più nessuno e nessuno sa più dove sono».

Per provare a capire la spaccatura di Chianciano – dribblando fra le polemiche a colpi di statuto, fra le recriminazioni sugli iscritti in calo o sulle mancate firme – bisogna tornare indietro agli ultimi scampoli della legislatura scorsa, ai radicali eletti nelle liste del Pd che si autosospendono dal gruppo del partitone del loft, alle regionali del Lazio in cui Zingaretti accetta l’accordo a patto di sostituire i due radicali uscenti (regola che aveva imposto al suo Pd per non imbarcare i vecchi capibastone); alla boutade di un accordo con il Pdl e con Francesco Storace; alle comunali di Roma in cui viene eletto un radicale nella lista di Marino contro l’idea dell’anziano leader di presentare liste autonome; all’ultima tornata di referendum che sancisce la separazione in casa dei radicali dei quesiti coté[ sociale da quelli coté giustizia, gli unici ora al vaglio della Cassazione. I primi (militanti) accusati di aspirare a una relazione col centrosinistra, i secondi sospettati di voler riagganciare la destra berlusconiana. Fino a oggi, all’accusa nei confronti di Radicali italiani di freddezza verso la battaglia per l’amnistia: tutta giocata intorno alla figura e ai digiuni del fondatore.

Pannella dichiara «nullo» il congresso, ma questo non gli ha impedito di lanciare alla segreteria, via radio, la ’sua’ Rita Bernardini – poi è arrivata l’apposita lettera di sostegno di un gruppo di militanti -. Che ieri si è detta pronta a raccogliere l’invito, e ha preannunciato la consegna pubblica di cannabis a malati che non se la possono permettere. Pronta a farsi arrestare, come ai bei tempi. Applausi.

I dubbi della platea non sono su Bernardini, ma «su come si è giunti alla sua candidatura» (De Falco), e sul fatto che venga «opposta al segretario precedente» (Cappato).

Con ogni probabilità finirà per vincere anche stavolta il vecchio padre, dopo aver delegittimato e sfiancato i dirigenti che hanno il torto di aver tentato qualche battaglia autonoma (da lui). E che a ieri sera non avevano un candidato alternativo da mandare allo scontro. Staderini ha spiegato di dover tornare al suo lavoro. La direzione notturna porterà consiglio, forse una ricucitura. Ma nel dibattito sono riecheggiate molte delle questioni di fondo che tormentano i radicali degli ultimi anni (come: «Rimango radicale nonostante Marco, ma non voglio vivere questa violenza. Torno da dove sono venuto», Marco Maria Freddi, Parma).

Resta aperto anche il dubbio su come si posizionerà Emma Bonino, che negli ultimi anni ha evitato la rotta di collisione con Pannella. Praticando però un altro stile radicale. E restando, forse suo malgrado e forse persino a sua insaputa, un punto di riferimento per un altro partito radicale possibile.