Per il Movimento 5 stelle è il momento della grande paura. C’è il rischio di vincere la battaglia delle mozioni sulle Tav, domani mattina nell’aula del Senato, e la sola idea fa tremare le vene ai polsi del leader politico e dei suoi ministri. Il ministro Toninelli, ineffabile, si raccomanda, mette le mani avanti: «La mozione non influisce sulla tenuta del governo. Impegna il parlamento non il governo. Quindi il governo non cadrà». Chissà se si rende conto di star candidamente confessando che la mozione in realtà non serve a niente. È polvere negli occhi. Tentativo vano di far bella figura di fronte a un popolo No Tav che, al contrario, sarà ulteriormente irritato dalla palese presa in giro.

LA SOLA MOZIONE che impegni il governo a bloccare i lavori della Tav, dunque l’unica dotata di una qualche senso, quella a prima firma De Petris, la hanno presentata sei senatori del gruppo misto e un paio di 5S in ordine sparso. Il Movimento non la voterà. Vorrebbe dire fare sul serio ed è quanto di più distante dalle intenzioni dei ministri a cinque stelle, che di rischiare di tornare a casa non hanno alcuna voglia. Di Maio, usando un giochino retorico vecchio come il mondo e credibile quanto una dichiarazione d’amore per le Ong da parte di Salvini, prova a rovesciare il gioco. È chi mette a rischio il governo che teme di dover lasciare il posto, perché a settembre arriverà la legge che taglia il numero dei parlamentari (e innalza a dismisura la soglia di sbarramento). Per quella e solo per quella i 5S restano incollati col Bostic alla poltrona. Chi oserebbe dubitarne?

LA NOTA DOLENTE è che Salvini la vede all’opposto di Toninelli. «Il no alla Tav sarebbe un voto di sfiducia al premier e creerebbe un grosso problema. Ne trarremmo le conseguenze». Le conseguenze, se si trattasse di un governo che prende sul serio quel che dice, non potrebbero essere altro che la crisi. Ma sulla coerenza dei governanti ogni dubbio è lecito.

SU CONTE PERÒ Salvini ha ragione. Per il governo la giostra delle mozioni sarà fonte di imbarazzo immenso. La decisione di continuare l’opera la ha presa e annunciata di persona, con una certa solennità, il presidente del consiglio. Il parere negativo del governo su una mozione che rimette in dubbio proprio la decisione del premier dovrebbe essere ovvia e inevitabile. Però in quel caso la mozione stessa suonerebbe inevitabilmente come sfiducia nei confronti di Conte: quel che i 5S vogliono a ogni costo evitare. Di conseguenza è probabile che domani si assisterà alla scena ridicola, quasi indecorosa, di un governo che su una mozione che riguarda una decisione importante del governo stesso si rimette all’aula.

MA LE FIGURACCE del povero Conte non sono un problema di Luigi Di Maio. Il voto di domani invece lo è. Se Pd e Fi decidessero di astenersi sulla mozione dei 5S, ciascuno votando la propria mozione ma scegliendo di non partecipare alla votazione sulla mozione dei 5S, il testo No Tav passerebbe di sicuro. La prevalenza dei 5S sulla Lega in aula è infatti talmente schiacciante, più o meno il doppio dei senatori, che le classiche assenze strategiche non basterebbero: per salvare la situazione i 5S dovrebbero praticamente uscire dall’aula in corteo. In caso di vittoria dei pentastellati ricucire la ferita evitando la crisi sarebbe impresa ardua.

IN TEORIA LE OPPOSIZIONI avrebbero dunque in mano la carta per far cadere il governo, o almeno per metterlo a forte rischio. Non succederà, sia perché il Pd è convinto, probabilmente a ragione, che il governo non cadrebbe comunque sia perché né il Pd né Fi possono permettersi di non bocciare apertamente una mozione anti Tav. Dunque la mozione dei 5S, la prima a essere messa ai voti, sarà respinta a grande maggioranza. Certo, potrebbero essere bocciate anche tutte le altre mozioni. In quel caso i 5S, con la mozione “miglior perdente”, potrebbero vantarsi di aver fatto il possibile e di essere stati sconfitti da un complotto “del sistema”. In realtà non è affatto detto che, al momento di votare la mozione del Pd pro Tav, Salvini non decida di giocare una carta a sorpresa e di appoggiarla. Il voto del Senato pro Tav sarebbe in quel caso limpido e la Lega conquisterebbe di colpo il centro del quadro politico.