Chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti lo sapremo solo nei prossimi giorni, forse settimane, ma una cosa la sappiamo già ed è certa: i dieci Stati che hanno votato massicciamente per Trump sono anche i dieci stati in cui negli ultimi sette giorni hanno visto esplodere con particolare violenza l’epidemia. La carta che pubblica il Center for Disease Control con il numero di casi per 100.000 abitanti si sovrappone quasi perfettamente alla carta dei risultati elettorali con la percentuale di voti per Trump.

Per esempio, il North Dakota, che ha confermato la sua fiducia nel presidente con oltre il 65% dei suffragi, ha avuto negli ultimi 7 giorni 158 casi per 100.000 abitanti e il South Dakota, dove Trump ha ricevuto il 61% ha registrato 132 casi per 100.000 abitanti. Al contrario, il Vermont (dove Trump non si è mai fatto vedere perché è uno stato tradizionalmente democratico e ha raccolto il 32% dei voti espressi) ha avuto nell’ultima settimana 3,5 casi per 100.000 abitanti, ovvero quasi cinquanta volte di meno.

In settembre, il Wisconsin aveva circa 700 nuovi casi al giorno di SARS-CoV-2. Il 17 ottobre Trump ci è andato, a Janesville, per parlare con migliaia di persone, tutte strette l’una all’altra e senza mascherina. In quest’ultima settimana il Wisconsin ha avuto quasi 7.000 casi al giorno, dieci volte di più. Trump ha ottenuto «solo» il 48% dei voti nello stato, ma sta chiedendo un nuovo conteggio dedelle schede.

L’America rurale e lontana dalle coste che ha votato per lui è stata quella più colpita nell’ultima settimana: 78 casi per 100.000 abitanti in Montana, 70 in Wyoming, 64 in Nebraska, 52 in Kansas, 46 in Indiana, 36 in Kentucky. La differenza con gli Stati che hanno governatori democratici e hanno votato per Biden è abissale: 11 casi per 100.000 abitanti in California, 12 a New York e in Oregon, 15 in Virginia, 16 in Massachusetts.

La mappa del voto del New York Times, aggiornata alle 9 del 6/11/2020

Non occorre andare molto lontano per trovare la spiegazione di questi numeri: per mesi Trump ha negato, ignorato, deriso il virus e chi se ne difendeva perfino gettando ostentatamente la mascherina appena rientrato alla Casa Bianca dopo una settimana in ospedale. I suoi elettori lo hanno imitato. I suoi meeting elettorali sono stati eventi di «supercontagio» e perfino il party alla Casa Bianca per la nomina del nuovo giudice della Corte Suprema Amy Coney Barrett, il 26 settembre, si era trasformato in un disastro, con lo stesso Trump, due senatori e otto persone dello staff contagiate.

Un rapporto del National Center for Disaster Preparedness della Columbia University ha stabilito che «tra i 130.000 e i 210.000 decessi di Covid-19 negli Stati Uniti avrebbero potuto essere evitati se l’amministrazione Trump avesse attuato rapidamente ed efficacemente una risposta basata su misure coerenti di salute pubblica al nuovo coronavirus». In pratica, la stragrande maggioranza delle vittime dell’epidemia, che fino ad ora ha fatto circa 235.000 morti negli Stati Uniti, è stata causata dall’incompetenza e dalla criminale indifferenza del presidente.

Ed è proprio l’America rurale, religiosa, che odia New York e San Francisco e tutto ciò che rappresentano a pagare il prezzo più alto. Rinchiusi nelle loro bolle informative alimentate soltanto da Fox News e dai tweet di Trump sul «virus cinese» i sostenitori del gangster arrivato alla Casa Bianca continuano ad ammirarlo, pronti magari a difenderlo scendendo in strada con le armi da guerra che sono il loro feticcio.

La disinformazione sistematica, le teorie cospiratorie, la paura del diverso hanno creato un paese che vive in un mondo di fantasia, odia gli scienziati, non crede ai medici, vuole sentire solo «buone» notizie. La violenza sociale di una nazione dove non esiste un sistema sanitario universale e dove viene curato solo chi può permetterselo colpisce ancora più duramente negli stati amministrati dai repubblicani.

Lo possiamo verificare confrontando il numero di morti negli stati dove il governatore è repubblicano (Texas 63 morti per 100.000 abitanti, Florida 79, Georgia 78) e quelli dove il governatore è democratico (Washington 31 morti per 100.000 abitanti, Oregon 16, California 44). Fa eccezione, naturalmente, New York, il primo focolaio dell’epidemia, esplosa già nel febbraio scorso.

Durante la campagna elettorale Joe Biden ha parlato quasi soltanto dell’epidemia e della sua gestione, pronosticando un «inverno freddo e oscuro» per gli Stati Uniti se non si fossero presi provvedimenti adeguati: nel Sud e nelle grandi praterie non è stato ascoltato.

Gli elettori di Trump confermano quello che gli studiosi di comunicazione hanno scoperto da decenni: nulla è più forte del confirmation bias, del pregiudizio per cui si crede soltanto alle notizie che confermano le nostre opinioni, le altre non vengono ascoltate, men che meno ricordate. Salvo pagare il prezzo dell’ignoranza e della testardaggine con la malattia e la morte.