«I soldati israeliani hanno inseguito Amer. Sono riusciti a bloccarlo e cinque militari lo hanno picchiato duramente. Ad un certo punto non si è mosso più». Saqer racconta con la voce rotta dall’emozione la morte, domenica, di Amer Snobar, 18 anni, suo amico del villaggio di Yatma (Nablus). «Amer è stato pestato con violenza, lo hanno colpito anche con il calcio di un fucile», prosegue il testimone chiedendo di non rivelare sua piena identità perché potrebbe costargli l’arresto. Altri testimoni aggiungono di aver sentito degli spari. Il portavoce militare israeliano nega che l’esercito abbia aperto il fuoco. Afferma che Snobar, assieme ad un altro giovane, nei pressi del villaggio di Turmus-Ayya (Ramallah) stava lanciando sassi contro automobili israeliane. In un primo tempo avrebbe tentato la fuga con la sua auto, poi a piedi. Inseguito da alcuni militari si è improvvisamente accasciato al suolo, forse per un malore, procurandosi una ferita mortale alla testa. I soldati, aggiunge il portavoce, hanno provato a rianimarlo. Una versione dell’accaduto respinta dai palestinesi.

 

Sarà l’autopsia a rivelare in via definitiva le cause della morte di Amer Snobar. Le autorità sanitarie palestinesi anticipano che sul corpo sono chiaramente visibili segni di percosse, anche alla nuca e al collo. «Quando sono arrivato ​​il ragazzo era all’ingresso dell’ospedale di Turmus-Ayya. Un’ambulanza lo ha portato al Ramallah Medical Center ma quando è arrivato non dava più segni di vita», ha raccontato un medico della Mezzaluna rossa. Sui social i palestinesi hanno postato foto dove si vedono macchie di sangue accanto a un’auto. La famiglia Snobar non si dà pace e centinaia di persone ieri, durante i funerali del giovane, hanno scandito slogan contro l’occupazione israeliana. La notizia della morte del giovane è stata commentata con sdegno e dolore da Hanan Ashrawi, del Comitato esecutivo dell’Olp, mentre gli islamisti di Hamas, attraverso il loro portavoce in Cisgiordania, hanno incitato la popolazione palestinese a resistere all’occupazione.

 

La vicenda di Amer Snobar cade in un periodo di forte tensione in Cisgiordania, coincidente con la raccolta annuale delle olive da parte degli agricoltori palestinesi. Gli abitanti dei insediamenti coloniali israeliani più nazionalisti la considerano una minaccia perché non poche volte avviene a poche centinaia di metri dalle loro abitazioni. I palestinesi denunciano che tra Ramallah e Nablus e, più a sud, intorno ad Hebron, si moltiplicano intimidazioni e violenze dei coloni, documentate anche dalla ong israeliana per i diritti umani Yesh Din. E i soldati, aggiungono, usano il pugno di ferro per disperdere le proteste. L’agenzia ufficiale palestinese Wafa ieri riferiva che bulldozer di coloni israeliani hanno abbattuto 60 alberi d’olivo a Salfit, a sud di Nablus. E circa 100 alberi d’olivo sono stati sradicati ad al Mughir (Ramallah).

 

Si aggravano nel frattempo le condizioni di Maher al Akhras, il prigioniero politico palestinese che da 92 giorni digiuna per protestare contro la detenzione amministrativa – mesi di carcere senza processo e accuse precise, rinnovabili più volte – in cui è stato posto da un giudice militare israeliano su richiesta dei servizi di sicurezza. Le autorità israeliane, a quanto si è appreso, nei giorni scorsi intendevano rinnovare questa forma di “custodia cautelare” vietata dal diritto internazionale – in cui al momento si trovano oltre 300 palestinesi – ma il provvedimento è stato sospeso dall’Alta corte di giustizia israeliana che ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato del prigioniero. Al Akhras ripete che terminerà il digiuno quando sarà liberato. Si è appreso anche che c’è un paziente oncologico, Nidal Abu Ahour, tra i 13 palestinesi arrestati nella notte tra domenica e lunedì in Cisgiordania dall’esercito israeliano.