È una intensa in chiaroscuro quella che Fatah e Hamas e altri 11 gruppi politici palestinesi hanno raggiunto ieri al Cairo, a conclusione di due giorni di negoziati a porte chiuse. Accanto alla richiesta rivolta alla Commissione elettorale palestinese perché si possano tenere votazioni politiche e presidenziali entro la fine del 2018, non sono arrivati segnali rassicuranti sul passaggio definitivo, il prossimo 1 dicembre, dell’amministrazione civile di Gaza dal movimento islamico al governo ufficiale dell’Anp, guidato dal premier Rami Hamdallah e sostenuto da Fatah. Il primo novembre Hamas ha ceduto il controllo dei valichi di Gaza con Egitto e Israele all’Anp facendo avanzare di un altro passo la riconciliazione nazionale palestinese. Dopo però le cose sono andate avanti con il freno a mano tirato e l’Egitto, facilitatore della trattativa, non ha ancora riaperto in modo permanente, come aveva promesso, il valico di Rafah con Gaza. Gravano sul successo della riconciliazione i nodi non sciolti, in particolare sulla gestione della sicurezza nella Striscia di Gaza di cui non si fa riferimento nel comunicato al termine dei colloqui. Per ora la questione è accantonata ma potrebbe riemergere presto. Il presidente dell’Anp, Abu Mazen, ripete che non possono coesistere due diverse forze di sicurezza. Da parte sua Hamas esclude categoricamente il disarmo della sua milizia, le Brigate Ezzedin al Qassam, e a mezza bocca segnala che continuerà ad occuparsi della sicurezza a Gaza, ad eccezione dei valichi con Egitto e Israele.

Ieri comunque si festeggiava il progresso fatto al Cairo anche se nei Territori occupati la popolazione ha accolto con una buona dose di scetticismo l’annuncio di elezioni entro il 2018. Più volte in passato, tra strette di mano e sorrisi, sono state proclamate nuove consultazioni – le ultime si tennero nel 2006 e le vinse nettamente la lista di Hamas –, poi però non è accaduto nulla. Tra gli esiti positivi degli ultimi colloqui al Cairo c’è la decisione di convocare il Consiglio Nazionale (il Parlamento di tutti i palestinesi, anche quelli in esilio) il prossimo febbraio, e la proclamazione dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) quale unica rappresentante del popolo palestinese. Hamas non ne fa parte e il riconoscimento conferma l’intenzione del movimento islamico di entrare nella più importante delle istituzioni palestinesi.

Tanti si augurano che l’accordo possa portare a migliorare le condizioni di vita dei circa due milioni di abitanti di Gaza, da oltre dieci anni costretti a subire le conseguenze del blocco israeliano della Striscia e che affrontano problemi gravi come la mancanza di energia elettrica e di acqua potabile oltre alla disoccupazione e alla povertà.