Può sembrare paradossale che a Gaza si desideri un progetto come quello proposto da Al Kamandjati, scuola di musica con sede a Ramallah, per la campagna italiana «Cultura è Libertà»: un laboratorio di riparazione di strumenti musicali.

Gaza è una striscia di terra di 365 kmq, con oltre un milione e 700.000 abitanti, sovrappopolata da una popolazione giovane: il 70% ha meno di 29 anni, che ha subito tre attacchi da Israele in 7 anni. L’ultimo – Margine protettivo – ha provocato 2000 vittime (500 bambini) e tre miliardi di danni. Migliaia di case e infrastrutture distrutte; disoccupazione oltre il 44%; ricostruzione pressoché impossibile per il blocco all’entrata del cemento .

Ma la pratica della musica, grandioso strumento di espressione e comunicazione, fa parte della resistenza alla violenza e all’occupazione, per rompere l’assedio in tutti i modi possibili.

Musica come arte di resistenza, l’ha definita Ramzi Aburedwan, il direttore di Al Kamandjati (il violinista), spiegando l’origine del progetto. «…Con l’occupazione, l’ attività musicale in Palestina (fiorente negli anni ’40) cominciò a poco a poco a scomparire dalla società. Poi, lentamente, negli anni ’90, con gli Accordi di Oslo, sono riprese alcune iniziative per rilanciarla. Ma la musica era ancora considerata un lusso…. Per questo l’Associazione Al Kamandjâti ha cominciato a lavorare per rendere “bene comune” la musica all’interno della società… E in questo modo una larga parte della società palestinese, soprattutto quella più marginalizzata, dei campi profughi e dei villaggi, ha potuto avere accesso alla musica».

Un lavoro dal basso che ha contribuito a cambiare il punto di vista della società palestinese sull’importanza della musica e della cultura, smettendo di considerarle un lusso per pochi. Il problema era che mancavano le professionalità per costruire e riparare strumenti musicali. Si era costretti ad andare in Israele, cosa costosa e difficile. Così Al Kamandjati dal 2006 ha cominciato, con l’aiuto di musicisti e tecnici di altri paesi, una attività di formazione locale di giovani.

Ma Gaza è rimasta tagliata fuori da questa formazione. Il progetto «Liutai a Gaza, la musica al lavoro contro la distruzione» vuol rispondere a questo vuoto. Il laboratorio impiegherà, all’inizio, 6 apprendisti, e, se partirà col piede giusto, potrà ampliare posti di lavoro e attività, con la costruzione di strumenti musicali, un punto di riferimento per tutto il territorio,

Un impegno significativo, anche economicamente, realizzabile con la solidarietà di tanti. Basti pensare che ci vogliono 8/9000 euro solo per l’acquisto degli utensili da lavoro (sgorbie, scalpelli, piallette, lime, raspette, spessimetro, rasiere, alesatore, coltelli, morsetti, seghetti, calibri, pennelli, coloranti, resine, mola, trapano ecc…).

Una bella solidarietà è quella di musicisti che, suonando gratuitamente, offrono al pubblico concerti di qualità, consentendoci, con l’entrata libera, di chiedere sottoscrizioni a favore del progetto. Dopo il successo a marzo di Just Play, il bel film di Dimitri Chimenti sulla storia di Al Kamandjati, in aprile hanno suonato il brillante duo Traindeville, alla Casa del Jazz di Roma e il trio Byron, splendide musiciste classiche, nell’aula magna della Facoltà Valdese di Teologia.

Il terzo concerto si terrà il 5 giugno alle 18,30 nel Salone della Casa Internazionale delle donne, seguito da una cena (al prezzo di 12 euro). Sarà un viaggio (safar) verso Gaza guidato da Helmi M’hadhbi, suonatore tunisino di oud (liuto arabo) con la partecipazione di un’attrice di origini palestinesi, Dalal Suleiman (letture) e di Sanjay Kansa Banik, giovane solista di tabla indiane. Helmi non ha smesso di suonare e studiare musica dall’età di 5 anni. da Tunisi a Berlino a Roma, da solista o in gruppo (il Turchese Ensemble), riesce sempre ad incantare il pubblico con sensibile maestria.

Info: associazioneculturaeliberta@gmail.com