L’avvilente esibizione di Enrico Letta davanti alla Sinagoga di Roma, per «difendere il diritto di Israele ad esistere», insieme alla destra xenofoba e omofoba di Salvini, ha già ricevuto su questo giornale molti commenti appropriati che hanno squadernato ancora una volta la reale politica di Israele a Gaza e Cisgiordania e ricordato l’oceano di menzogne sotto cui la stampa occidentale ha sommerso il popolo palestinese. Anche mentre è sotto i bombardamenti di uno dei più efficienti eserciti del mondo.

La stampa italiana eccelle in questa capacità di mentire, limitandosi alla «distaccata« cronaca degli episodi accaduti il giorno prima, come se descrivesse gli scontri fra due contendenti alla pari, due opposti estremismi, ugualmente condannabili.

Non un accenno di riflessione storica, una traccia di informazione data al lettore perché capisca come si è arrivati sin qui. E senza la storia la verità scompare. Una cancellazione non casuale, considerata l’ormai leggendaria vigliaccheria dell’attuale ceto politico europeo di fronte allo status quo atlantico.

Ma occupiamoci di Letta, il quale è poi parzialmente ritornato sui suoi passi raccomandando al governo di Tel Aviv di difendersi con meno foga, di bombardare con un po’ di moderazione. Qual è stato il fine di una simile iniziativa, fatta la tara all’istinto gregario che muove i nostri politici nelle questioni di politica estera? Pur restando nella logica da campagna elettorale che ormai domina tutto l’orizzonte dell’azione politica, quale vantaggio può venire al Pd dall’uniformarsi alle posizioni ufficiali del governo e della destra?

Un uomo chiamato a riunificare le sparse membra di un partito frantumato in vari club elettorali, non doveva «allargare il campo», «aprirsi all’esterno», uscire dalle chiuse stanze e incontrare le domande di una società civile frustrata e delusa ? E rifugiarsi nel solito ovile centrista, dichiarare l’equidistanza ipocrita tra Israele e i Palestinesi risponde a tale politica? Allarga il campo del centro sinistra?

Sembra evidente che la parte migliore della militanza e dell’elettorato di quello schieramento, composta da donne e uomini che leggono libri e giornali, partecipano alle lotte, fanno volontariato, insomma i cittadini informati e consapevoli saranno definitivamente incoraggiati a restare a casa al momento del voto.

Il popolo democratico sa bene che Israele è il maggiore responsabile della delegittimazione delle Nazioni Unite dalla metà del ’900, ed è informato sull’apartheid che pratica senza misericordia contro un popolo di disperati.

Ma il centrismo di Letta è una via al suicidio programmato anche per un’ altra ragione: la scelta di un sistema elettorale maggioritario, che taglia fuori da ogni possibilità di rappresentanza tutto il vasto e vario popolo della sinistra.

E questo avviene non solo mentre si avvicina alla destra mascherata di Italia Viva, ma anche in parallelo al difficile tentativo di Giuseppe Conte di rifondare i 5 Stelle. Un partito che, se non implode, finirà per rappresentare la stessa area elettorale su cui insiste il Pd.

Dunque se nulla muta, quando, finita la pandemia, il disagio sociale dei ceti più deboli abbandonati da anni dal centro sinistra esploderà, la destra arriverà a Palazzo Chigi a vele spiegate.

Il rinnovato centrismo di Letta prepara una sicura disfatta. E non credo, peraltro, che alle prossime elezioni funzionerà più di tanto il ricatto del voto utile.

Con il Pd all’opposizione, ma più spesso al governo, le condizioni dell’Italia sono peggiorate. È cresciuto il lavoro precario, è dilagata la povertà, aumentate le disuguaglianze, sono state sottratte risorse ingenti agli ospedali, alla ricerca, all’università, la scuola ridotta ad azienda, i territori cementificati come non accade in nessun altro paese d’Europa. E i suoi dirigenti sono convinti sostenitori del cemento delle grandi opere.

Allora per quale ragione tanti cittadini che pure detestano la nostra destra plebea e retrograda, gonfi di risentimento, dovrebbero ancora votare per questo partito? So bene che in politica le sconfitte non preparano riscatti. Ma, lettori di Machiavelli, siamo inchiodati alla realtà fattuale.

Il Pd, che tiene uniti personalità di valore e faccendieri di varia estrazione, dirigenti con visione e cacciatori di voti, è stato il più grave ostacolo alla nascita e all’azione riformatrice di uno schieramento di centro-sinistra: vale a dire una parte moderata e una realmente di sinistra.

Non lo scriviamo a cuor leggero, ma è assai probabile che da una sconfitta elettorale di vaste proporzioni sarà difficile che questo partito esca vivo. Ne riceveremo un sicuro danno, ma forse sarà la fine di un paralizzante equivoco.