Tornano a sventolare, nelle vie di Palermo, i lenzuoli della legalità, e sui muri compaiono i manifesti realizzati dai bambini delle scuole elementari e dagli studenti più grandi. Piccoli ma importanti segnali di resistenza, in occasione del ventiseiesimo anniversario della strage di Capaci, commemorato ieri a Palermo come anche a Roma e in molte altre città d’Italia.

Eppure a fare notizia sono stati soprattutto quei sette secondi nei quali, mentre la «nave della legalità» faceva il suo ingresso nel porto e veniva suonato l’inno di Mameli, il presidente della Camera Roberto Fico ha dimenticato di togliere le mani dalle tasche ed assumere un atteggiamento più consono al ricordo delle vittime di mafia, il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta, morti il 23 maggio 1992.

Ma Maria Falcone, la sorella del magistrato ucciso, ha voluto abbassare i toni e ha difeso l’esponente pentastellato: «Ognuno può cantare l’inno di Mameli come lo sente. Non è una cosa grave», ha commentato. Anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha chiosato: «Non è giornata di polemiche».