Il titolo non potrebbe essere più esplicito: Un paese che non c’è. Il paese assente dalle carte geografiche, non riconosciuto dalla comunità internazionale, è il Kurdistan, 40 milioni di persone, un crocevia fra i più caldi del pianeta, ai confini fra Turchia, Iraq, Iran, Siria, un popolo senza patria e una storia millenaria alle spalle.

Stasera a Montepulciano, nell’ambito del Cantiere d’Arte diretto da Roland Böer, quest’anno dedicato al tema «Terra, guerra e pace», i riflettori si accendono in prima assoluta sulla cultura curda con un recital tutto al femminile che ha per protagoniste il soprano Pervin Chakar (ammirata a Bari nel 2014 nel Flauto magico) e la poetessa, nonché cineasta e artista militante, Hevi Dilara accompagnate al piano da Ayten Inan. «Viviamo in Kurdistan solo nei nostri sogni – racconta Chakar – da qui il titolo dello spettacolo». Che ai versi di Dilara, ai canti popolari e ai motivi tradizionali curdi, affianca arie classiche di Dvorak, Liszt e Schubert.

Un dialogo che vuol dar danno conto della sofferenza ma anche della vitalità di un popolo escluso dalla storia e del suo desiderio di uscire appunto dalla condizione di «paese che non c’è». Pensando alle eroine di Kobane, le guerrigliere dell’Ypj, l’Unità di protezione delle donne, che combattono contro l’Isis.
E qual’è la parte dello spettacolo che trovi di maggior impatto: «La poesia La Mesopotamia di Hevi Dilara. Parla della bellezza del territorio del Kurdistan, della sua ricchezza e della sua storia. La guerra è molto presente nel nostro destino, ma ci piace ricordare il nostro paese anche attraverso altri elementi».