Perché ha presentato un’interrogazione parlamentare sulla vicenda della censura di Facebook?

Intanto perché l’oscuramento delle pagine che hanno preso posizione contro l’offensiva militare turca e in sostegno del popolo curdo è un fatto insopportabile. Poi perché, al di là della vicenda specifica, è emblematico che un social network come Facebook, diventato ormai uno strumento determinante nell’orientamento dell’opinione pubblica, possa decidere arbitrariamente di esercitare una censura che limita la libertà di espressione garantita dalla nostra Costituzione. Penso che il nostro governo abbia l’obbligo di chiedere spiegazioni sulle modalità con cui Facebook decide le proprie policy ed esercita una censura di questo tipo su posizioni politiche. In questo caso, infatti, non si tratta di contenuti che incitano alla violenza, all’odio razziale o sono contrari alle norme italiane.

Questa vicenda ha implicazioni più ampie della sola questione curda?

Sicuramente. Credo che in generale debba far aprire una riflessione su come regolamentare i social network che hanno oggi un’importanza determinante nella formazione dei flussi di opinione. Non possono essere strumenti privi di regole, altrimenti si lascia tutta questa potenzialità di arbitrio a un’impresa privata.

Nello specifico cosa chiede al governo con l’interrogazione parlamentare?

Per prima cosa se l’esecutivo è al corrente di quello che sta accadendo. E poi quali misure intende adottare affinché la libertà di espressione non subisca limitazioni e se per tutelarla intende fare delle richieste specifiche a Facebook. Il governo ha diversi strumenti a disposizione e può decidere quali attivare.

Che tempi ha la procedura?

Di norma a un’interrogazione a risposta scritta il governo deve rispondere entro 20 giorni. Speriamo lo faccia anche prima perché i fatti sono gravi e richiedono una presa di posizione.