«Nessuna valutazione in corso sull’attivazione dello stato d’allarme. Ogni notizia in merito è destituita di fondamento»: con una nota informale tanto laconica quanto definitiva palazzo Chigi sente il bisogno, a metà pomeriggio, di bloccare voci e illazioni sul passaggio dalla fase di pre-allarme a quella successiva fra le tre previste dal Piano nazionale emergenza gas. La linea di palazzo Chigi è quella di sempre: non minimizzare ma neppure drammatizzare, evitare che si diffonda un clima di panico. Prima di Chigi era stato il ministro dell’Energia Cingolani a rassicurare: «Al momento non ci sono evidenze sulla necessità di passare alla fase 2. Per adesso restiamo al pre-allarme».

DUNQUE AL MONITORAGGIO attentissimo del quadro e all’accelerazione degli stoccaggi del gas, per essere in grado di affrontare il prossimo inverno. «Se fosse interrotto oggi il flusso di gas dalla Russia non avremmo problemi per mesi caldi. Dovremmo stare attenti alle riserve invernali ma stiamo lavorando con grande anticipo», garantisce il ministro che si mostra ottimista, probabilmente troppo, anche sulla possibilità di sganciarsi presto dalla dipendenza dal gas russo: «Stiamo lavorando per siglare contratti che possano sostituire in tempi rapidi i circa 29 mld di metri cubi di gas che importiamo ogni anno dalla Russia».

LA RELATIVA TRANQUILLITÀ del governo deriva anche dai contatti che ci sono stati in mattinata tra il ministero e Gazprom. Ieri la Russia ha effettivamente iniziato a comunicare le nuove procedure di pagamento in rubli ai Paesi ostili e la comunicazione è arrivata anche a Eni, che sta ancora studiando il testo. Ma tutto, inclusi i contatti con Gazprom, sembra confermare che con le nuove regole «tutto sommato non cambia molto», come dice lo stesso Cingolani. In realtà la mossa russa non è una messa in scena. La necessità di pagare in euro una banca non esclusa dal blocco del sistema Swift, come Gazprombank, che provvederà poi a cambiare in rubli rende la dinamica più delicata e a rischio di strozzature ma soprattutto para il colpo delle sanzioni blindando il rublo e crea un ostacolo enorme per eventuali nuove sanzioni.

NESSUNO DUBITA sul fatto che gli Usa torneranno alla carica chiedendo di rinunciare a gas e petrolio russi, opzione per Italia e Germania esclusa. Le nuove sanzioni potrebbero però chiedere di cancellare dal Swift anche le banche russe sinora salvate. La decisione russa sul pagamento in rubli lo rende quasi impossibile, se non a prezzi per Italia e Germania insopportabili.

LA SITUAZIONE è però molto meno rassicurante per quanto riguarda il peso della crisi su cittadini e imprese. E’ evidente che sarà necessario mettere in moto un sistema di sostegni e ristori simile a quello che ha permesso di affrontare la crisi Covid e a un certo punto, senza alcun dubbio, il governo procederà a quello scostamento di bilancio che vuole comunque ritardare il più possibile. Prima però deve muoversi la Ue e si tratta oggi di un punto debole, a differenza di quando si trattò di vedersela con le conseguenze economiche della pandemia.

LA UE IERI HA CHIESTO alle aziende di tutti i Paesi membri di rifiutare il pagamento in rubli: «La Ue risponderà in modo unito a questo tentativo della Russia di aggirare le nostre sanzioni». L’Ue però al momento non sembra in grado di rispondere in modo altrettanto unito alle conseguenze delle sanzioni. Il ministro Di Maio, a caccia di contratti per il gas in Azerbaijan e Armenia, torna a insistere, come aveva già fatto giovedì Draghi, sul Cap: «Serve subito un tetto massimo al prezzo del gas. L’Unione deve mostrarsi coraggiosa. Non sono tollerabili divisioni o veti. Le imprese e le famiglie italiane non possono pagare il prezzo di questa crisi internazionale».

DIVISIONI E VETI invece abbondano. Perché, se di fronte al Covid tutta l’Ue era sulla stessa barca, per l’energia la situazione è opposta.